Fondazione Marisa Bellisario

L’EUROPA CHE SERVE AL MONDO E AGLI EUROPEI

di Pina Picierno*

I conflitti che attraversano il mondo non sono destinati a cambiare solo i confini degli Stati, ma riguardano i confini dell’esistenza. È ingenuo presumere di trattare questa materia sperando che riguardi qualche miglio di territorio nel Donbas, in Medioriente, a Taiwan.

Il mondo che ci troviamo ad affrontare è il mondo che determinerà la nostra vita, la sua qualità, i diritti, le libertà, la demografia, l’ambiente intorno a noi, la produzione, i consumi.

Chi ha aggredito l’Ucraina, chi minaccia Taiwan lo sa bene: non siamo di fronte a una nuova guerra fredda, in due blocchi distinti. Siamo in un mondo integrato in cui la competizione si svolge nello stesso campo da gioco – l’economia interconnessa – e dove la contesa è ibrida, spostata sull’ordine, sulle regole, sui valori e i principi del gioco, su come la forza e il potere vengono espressi, sul controllo che ne può essere determinato. In poche parole, democrazia, stato di diritto e società aperta contro autocrazia, regimi e potere indiscriminato, che si esprime non più attraverso monadi isolate, ma in rete, in network, non solo tra stati ma anche tra organizzazioni terroristiche dalle rivendicazioni più disparate. Non dobbiamo lasciarci ingannare dal nazionalismo che esprimono, è solo lo strumento attraverso cui acquisiscono consenso nel proprio paese. Anne Applebaum ha coniato un termine, Autocracy Incorporation, che in italiano è stato tradotto con Autocrazia S.p.A. Quella S.p.A ha un consiglio di amministrazione che punta alla frammentazione e al rovesciamento di un ordine mondiale pacifico e democratico.

Alla base di questa contesa, sia nella sua forma più aspra dei conflitti sia nella sua forma solo apparentemente più dolce della competizione economica e dei primati tecnologici- forme destinate presto o tardi a coincidere perfettamente- c’è la sicurezza. Intesa nella sua accezione larga e complessa. Ibrida, appunto. Se la sicurezza del mio paese dipende da un cavo sottomarino nel Mar Baltico o nel Mediterraneo, se la sicurezza del mio paese dipende da un satellite nello spazio, se la sicurezza del mio paese dipende dal controllo di un confine a migliaia di chilometri dal mio, se la sicurezza del mio paese significa contrastare i ripetuti tentativi di ingerenza nella pubblica opinione e negli strumenti di informazione, è presto detto che la sfida riguarda l’intensità con cui siamo in grado di garantire sicurezza. Non solo quindi difesa, pur restando un ambito di sempre maggiore importanza, ma anche sicurezza delle infrastrutture fisiche e digitali, disponibilità costante di energia e materie prime, crescita della produzione strategica nazionale ed europea delle tecnologie più avanzate, contrasto ai continui tentativi di ingerenze propagandistiche, condivisione con i grandi player privati di esigenze difensive.

E l’Europa è drammaticamente indietro su questi argomenti. Lo è dal punto di vista delle politiche e lo è dal punto di vista delle risorse. Siamo al momento testimoni destinati a essere schiacciati da interessi altrui. È giunto il tempo di essere consapevoli che nessun dialogo, nessun ritorno alla diplomazia – frase che sento spesso usata in maniera retorica – può essere garantito se non in condizioni di reciproca sicurezza.

Come garantire sicurezza in un ordine globale frammentato? Non bastano le buone intenzioni. Ha un costo. In termini di risorse finanziarie, senza dubbio. Ma ha anche un costo in termini culturali, sociali, di capacità di leggere e prevedere la contemporaneità. Un mondo attraversato da conflitti e dal ritorno furioso di parole come guerra, confini, etnie, non è il mondo che l’Europa si aspettava, non è il mondo su cui è stata disegnata l’architettura dell’Unione. Ma restare fermi sul sentimento di sorpresa e di negazione della realtà non aiuterà. Non siamo di fronte all’apocalissi, siamo di fronte a una realtà che per essere mutata ha bisogno di un’Unione forte. Se la mettiamo sul piano della concretezza, io sono fermamente convinta di questo: questa legislatura è stata inaugurata dalla stesura di tre rapporti, quello sulla competitività di Mario Draghi, quello sul mercato comune di Enrico Letta, quello sulla difesa comune di Sauli Niinistö. Sono documenti molto citati ma poco letti e sono tutt’e tre legati da un filo rosso: la sicurezza e la forza sono le risposte alle inquietudini e ai pericoli concreti del nostro tempo. Un’Europa più competitiva, un’Europa con attori strategici del mercato più grandi e forti, un’Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali sul piano anche militare è l’Europa che serve al mondo e agli europei. Un’Europa nostalgica di una presunta età dell’oro serve solo alla pubblicistica. E quindi credo che questo fondamentalmente sia l’impegno, quello di ridurre la distanza tra i desideri espressi in quei tre rapporti e la realtà. Il recente piano ReArm Europe ha rappresentato un momento cruciale: rafforzare la capacità difensiva europea è un primo passo essenziale verso una maggiore autonomia strategica dell’Unione

Tanti altri passi dovranno arrivare in un cammino che sarà affatto facile non solo per proteggere l’Unione, ma per trasformarla in una potenza politica globale, capace di difendere i suoi valori e guidare il cambiamento. Il tempo delle mezze misure è finito: per garantire il futuro dell’Europa serve coraggio e visione.

*Vicepresidente del Parlamento Europeo

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