Fondazione Marisa Bellisario

UNA SOTTILE LINEA DI DIFESA PER LE DONNE AFGANE

di Ornella Del Guasto
Faheema piange in ginocchio nel cortile della grande casa, scrive The International New York Times . Dopo molti mesi è il primo incontro con la sua famiglia e la giovane singhiozza abbracciando le ginocchia dello zio. I rimproveri arrivano subito:” come hai potuto farci questo? Come hai potuto disonorarci?” Quello che Faheema ha fatto è stato fuggire dalla sua casa nell’Afganistan orientale con l’uomo che amava lasciandosi alle spalle la numerosa famiglia e l’uomo a cui essa l’aveva destinata. Il tono dello zio all’inizio è quieto ma la sostanza delle parole è perentoria: “devi tornare a casa”. Ma tornare a casa per una ragazza dei villaggi afgani significa una quasi sicura probabilità: essere uccisa per aver coperto di vergogna la famiglia. Faheema però è fortunata perché ha trovato asilo nel “Rifugio per le donne”, uno dei venti che sul territorio afgano negli ultimi 10 anni hanno salvato migliaia di loro dagli abusi e dalla morte procurata dai familiari. Questi “Rifugi “sono stati creati con i soldi dei donatori occidentali e costituiscono senza dubbio una delle eredità di maggior successo (e provocatrici) della presenza occidentale in Afganistan. Si basano sul concetto che le donne non solo devono essere protette dalla violenza familiare ma soprattutto che abbiano diritto a fare le proprie scelte. E questo significa che gli uomini non debbano per forza controllare l’ordine delle cose come hanno fatto per secoli. Un’idea rivoluzionaria per l’Afghanistan. Faheema piange davanti alla sua famiglia ma resterà nel rifugio e un’altra donna è stata salvata.

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