Fondazione Marisa Bellisario

RAPPORTO ILO: MATERNITÀ E PATERNITÀ NEL LAVORO

Il rapporto dell’Organizzazione rivela che 830 milioni di lavoratrici non godono di garanzie adeguate. La maggior parte di loro vive in Africa e in Asia. Luci e ombre sull’Italia, segnalato in particolare il fenomeno delle lettere di dimissioni in bianco.
Nel mondo la tutela della maternità è inadeguata per il 71,6% delle lavoratrici, 830 milioni di donne. Lo rivela il rapporto dell’ILO (Organizzazione internazionale del lavoro) “Maternity and paternity at work: Law and practice across the world”. Si va dai 410 giorni di congedo previsti dalla normativa croata ai 30 della Tunisia, alla situazione degli Stati Uniti, con Oman e Papua Nuova Guinea uniche nazioni in cui l’assenza per maternità non è retribuita. L’80% delle donne non tutelate, si legge nel rapporto, si trova in Africa o in Asia, dove “il lavoro nero è predominante e i tassi di mortalità materna e infantile sono ancora molto elevati”.
Per quanto riguarda l’Italia, il rapporto segnale luci e ombre. Siamo tra i primi Paesi per congedo di maternità (154 giorni rispetto ai 98 della Germania e agli 84 degli USA anche se molto al di sotto dei 365 previsti dalla Gran Bretagna e dei 240 della Svezia) ma siamo tra i peggiori per quanto riguarda i permessi concessi ai padri(un solo giorno contro gli 84 degli Stati Uniti, i 54 della Finlandia ma anche i 10 della Romania) e per le lettere di dimissioni in bianco fatte firmare alle lavoratrici al momento dell’assunzione.
Norme specifiche sul congedo di paternità sono previste in 78 su 167 paesi. Il congedo è retribuito in 70 di questi, a dimostrazione del fatto che i padri sono sempre più coinvolti nella nascita di un figlio. Nel 1994, il congedo di paternità esisteva in 40 paesi su 141.
“In Italia si ha diritto a un totale di 10 mesi di congedo parentale complessivo per la famiglia, periodo che può aumentare di un mese se il padre si prende almeno tre mesi”, spiega Laura Addati, autrice del rapporto, “in Italia durante il congedo parentale viene però corrisposto solo il 30% della retribuzione, quindi molti padri preferiscono rinunciarvi e lasciare alla madre l’utilizzo di tutto il congedo parentale, mentre in Paesi come la Svezia c’è un maggiore incentivo ad avvalersene perché viene corrisposto l’80% dello stipendio”.
Sempre sul fronte italiano, l’ILO esprime apprezzamento per la riforma attuata nel 2013, che prevede la rinuncia delle madri al congedo parentale (sei mesi di astensione dal lavoro al 30% della retribuzione) in cambio di un voucher da spendere per una baby sitter o un nido. Secondo il rapporto, si tratta di un esempio di “politiche innovative tese a promuovere il ritorno delle donne sul posto di lavoro consentendo di soddisfare le responsabilità legate alla cura del bambino”.
Il rapporto sostiene anche che, contro ogni aspettativa, in alcuni Paesi la crisi economica globale è servita a rafforzare il sostegno alle famiglie. La crisi iniziata nel 2008, infatti, ha portato sì a drastici tagli della spesa pubblica, ma ha anche causato un cambiamento positivo nelle politiche in materia di conciliazione lavoro-famiglia attraverso un miglioramento dell’accesso ai servizi per la prima infanzia, incentivi fiscali oppure un aumento della durata, estensione e livello delle prestazioni di maternità e di congedo parentale.
MA

10 commenti su “RAPPORTO ILO: MATERNITÀ E PATERNITÀ NEL LAVORO”

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