«I ragazzi superano le ragazze in 23 Paesi»: sono i risultati del rapporto PISA dell’Ocse sullo stato dell’apprendimento dei quindicenni. Secondo lo studio, in media gli studenti maschi dei Paesi Ocse staccano le coetanee di 7 lunghezze. Con punte negative massime in Slovacchia (22), Giappone (19) e Italia (18) e poche, risicate, eccezioni positive – dove le studentesse sono in media più performanti – in Finlandia (-6), Slovenia e Svezia (-4) e Norvegia (-3). Il che già offre una prima chiave di lettura: nei Paesi dove la parità di genere è la prassi, le performance femminili sono migliori di quelli maschili mentre il gap s’inverte in nazioni, come l’Italia, dove l’uguaglianza è ancora una conquista da compiere.
In media, tra i Paesi Ocse, ci sono 3 top performer maschi ogni 2 top performer femmine. In Italia, come in Croazia e Slovacchia, i ragazzi hanno le stesse probabilità delle ragazze di finire in fondo alla classifica ma hanno il doppio delle probabilità di finire in cima. In questa lotta ai massimi livelli, le ragazze risultano più forti nella “pianificazione ed esecuzione” e più deboli nei compiti astratti di “rappresentazione e formulazione”. Insomma, precise e competenti ma poco creative e coraggiose.
Ed ecco la seconda, importante chiave di lettura, quella che indica la via per il “riscatto: quel coraggio di rischiare, di provarci, anche di sbagliare, che alle ragazze ma anche alle donne italiane sembra ancora difettare. Anni fa un dettagliato studio della Banca d’Italia dimostrava perché le donne che vincevano il concorso per entrare nell’Istituto o per fare avanzamenti di carriera era minore. Di fronte ai test, gli uomini si buttavano, correndo il rischio di fare un errore, le donne esitavano e alla fine raccoglievano punteggi inferiori.
Sull’Harvard Business Review, due analiste e scrittrici di successo come Whitney Johnson e Tara Mohr hanno avanzato un suggerimento: «Per avere successo, noi donne ora dobbiamo fare l’unica cosa che ci è sempre stato insegnato di non fare: essere indisciplinate, dirompenti. Seguendo cinque passaggi chiave: scopri come sfidare e influenzare l’autorità; studia, ma impara anche a improvvisare; auto-promuoviti; scegli una carriera meno prevedibile e ricca di sorprese; combatti per essere rispettata, non soltanto per piacere».
Un altro risultato importante dello studio PISA è il gap che le ragazze continuano a registrare nelle materie scientifiche. A quanto pare, di fronte ai test di matematica, le nostre giovani sono bloccate dall’ansia, molto più delle loro coetanee che vivono in Paesi dove l’uguaglianza di genere ha fatto passi avanti maggiori che da noi. «La differenza nei risultati – scrivono i ricercatori dell’Ocse riguardo al nostro Paese -riflette la differenza di genere nella motivazione, nella spinta e nella fiducia in se stessi. E anche le ragazze che hanno gli stessi risultati dei loro colleghi maschi hanno meno costanza, un più basso livello di apertura alla soluzione dei problemi e più alti livelli di ansia e sono propense ad attribuire la non riuscita a se stesse più che a fattori esterni».
D’altro canto, guardando ai dati sulle iscrizioni ai corsi di ingegneria o informatica, le ragazze sono sì aumentate considerevolmente rispetto a dieci anni fa ma restano comunque una o due su dieci. Il problema è culturale e non scolastico ma diventa anche un problema di lavoro e prospettiva, se oggi la professione più richiesta e che garantisce la piena occupazione è quella degli ingegneri e degli informatici. A sentire le lamentele dei cacciatori di teste tra l’altro, l’Italia forma un numero di laureati in discipline scientifiche molto al di sotto delle offerte di lavoro in questo campo. Che qualcosa si stia muovendo, almeno nella consapevolezza che si tratta di un vero spreco di talenti lo dimostrano i docenti che mettono in atto strategie per attirare i cervelli migliori femminili per le facoltà scientifiche. Un esempio molto interessante è il programma pensato dall’Università La Sapienza di Roma. Si chiama NERD, “Non è cosa per donne” e ha lo scopo di attrarre studentesse nella facoltà di Informatica: oggi 1.060 iscritti le ragazze sono appena un centinaio. Il progetto – messo a punto da Paola Velardi, docente nel dipartimento di informatica – si sostanzia in un ciclo di seminari, laboratori e concorsi, rivolto alle studentesse del quinto anno dei licei romani, per «spiegare loro la scienza e la tecnologia partendo più dal lato logico che da quello tecnologico». L’idea è mutuata dal “Grace Hopper Celebration of Women in Computing”, l’evento negli Stati Uniti dedicato alla pioniera della programmazione informatica americana che dal ‘94 raccoglie con seminari, studi, eventi e competizioni vere e proprie, le scienziate americane e cerca di portare esempi positivi alle studentesse per attrarle allo studio delle materie matematiche e informatiche.
MA
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