Fondazione Marisa Bellisario

LE SCHIAVE NIGERIANE IN ITALIA

Di Ornella Del Guasto

Sono passati 30 anni da quando le prime prostitute nigeriane sono arrivate sulle strade italiane, riferisce una lunga inchiesta di Financial Times, ma tra il 2014 e 2015 il loro numero è quadruplicato. Paradossalmente queste ragazze non fuggono dalla guerra e dalle persecuzioni come in Medio Oriente, ma dalla fame, dall’ignoranza e dalla mancanza di un futuro in un Paese come la Nigeria che pure ha ricchezze petrolifere concentrate però nelle mani di una élite. In larga parte vengono da Benin City, che è diventata uno dei principali snodi africani di traffici di esseri umani, nella regione meridionale e più povera, dove nessuno trova un lavoro tanto che ogni famiglia conosce qualcuno “che è andato a lavorare in Europa” e dove i giovani, attraverso la tv satellitare e lo smartphone, vedono la “ vita brillante” e i cambiamenti che lì non ci sono. Gli uomini partono verso l’Italia soprattutto per andare a lavorare nella raccolta de pomodori e quando tornano prendono una fidanzata, delle amiche e perfino le sorelle per portarle in Italia ed avviarle alla prostituzione. Le ragazze vengono reclutate nei ceti rurali più poveri e meno istruiti da un’organizzazione criminale che promette loro il trasferimento in Italia e un lavoro e per poter partire si indebitano per circa 30 mila euro. L’accordo, incoraggiato quasi sempre dalla famiglia, viene stipulato nel corso di una traumatizzante cerimonia religiosa: un “sacerdote juju” costringe la ragazza a bere una bevanda alcolica corretta con noce di cola, viene spogliata completamente, le vengono dati indumenti intimi e intimato di obbedire agli ordini ricevuti “altrimenti la maledizione la ucciderà”. Il rito juju è solo l’inizio di un viaggio faticosissimo di oltre 4 mila chilometri attraverso l’Africa, che in pulmino o jeep, porta le ragazze fino alla Libia dove vengono caricate su gommoni e barche.

Tra i 160mila migranti che nei primi 11 mesi del 2015, secondo l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni, sono approdati in Sicilia ,almeno 5 mila erano le ragazze destinate alla prostituzione. Per le organizzazioni criminali gli affari vanno a gonfie vele: prima i trafficanti procuravano alle ragazze documenti falsi e le facevano arrivare in aereo grazie a funzionari dell’immigrazione compiacenti, ma la guerra civile e il caos in Libia hanno aperto un tragitto molto più economico anche se molto più pericoloso tanto che molte di loro muoiono durante il viaggio. Nell’Unione Europea l’Italia è il paese dove ci sono più prostitute nigeriane a causa della favorevole la posizione geografica nel Mediterraneo, la richiesta in aumento di servizi sessuali e il potere della criminalità organizzata locale che opera insieme a quella nigeriana. Comunque, ha registrato l’Oim, oltre l’Italia dal 2015 il traffico si sta diffondendo in Spagna, Francia, Germania e Austria.
Secondo un rapporto di “Save the children” una prostituta nigeriana ci mette circa 7 anni per saldare il suo debito lavorando di notte e di giorno. Deve pagare il vitto, l’alloggio , le bollette e perfino l’affitto del pezzo di marciapiede che usa. Riceve al massimo 20 euro a prestazione, viene picchiata se non fa soldi a sufficienza e se resta incinta è costretta ad abortire. Gli operatori umanitari, ma anche poliziotti o i clienti pentiti, cercano di convincerle a scappare e a denunciare i trafficanti ma è rarissimo che denuncino i trafficanti che le terrorizzano con le minacce verso le famiglie e i figli rimasti in Nigeria. Anche i giuramenti juju esercitano un’enorme pressione psicologica su queste donne, incomprensibile per un europeo :” cambiare è pericoloso -dicono- devo prima pagare i miei debiti “. in Nigeria nel 2003 è stata creata l’agenzia per combattere il traffico di esseri umani e sono stati arrestati più di 100 trafficanti ma, secondo le vittime, non arrestano mai i veri responsabili che sono i sacerdoti juju.
In Italia se riescono a scappare e a denunciare i loro aguzzini, trovano protezione immediata e il permesso di soggiorno. Vivono in case rifugio da ove però possono contattare solo i familiari e l’obiettivo degli operatori umanitari è di far loro imparare l’italiano per integrarle nella società e quindi trovare un lavoro. Purtroppo la maggior parte delle ragazze è analfabeta e l’integrazione è difficile perché le case e i ristoranti non le vogliono. Molte così tornano a lavorare per i trafficanti ma quando possono rientrano in Nigeria : secondo l’Oim nel 2015, 240 donne sono tornate in patria e hanno aderito al programma volontario di reinserimento assistito.

4 commenti su “LE SCHIAVE NIGERIANE IN ITALIA”

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