di Ornella Del Guasto
In tutto il continente africano stanno crollando ad uno a uno i baluardi del potere maschile, scrive Der Spiegel. La sudafricana Nkoserana Dlamini-Zuma presiede la commissione dell’Unione Africana, Ellen Johnson Sirleaf è presidente della Liberia (ed stata il primo presidente donna d’Africa), in Kenya sono donne la ministra degli Esteri e della Difesa e in Rwanda le donne occupano il 64% dei seggi della Camera bassa.
Nel 2011 Ellen Sirleaf e Lymah Gbowee, attivista dei diritti civili, hanno conquistato il premio Nobel per la pace e lo hanno dedicato a tutte le africane che si battono contro lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, contro la violenza di ogni genere e contro la guerra. Da metà 2012 anche il Malawi ha una presidente donna, Joyce Banda, attivista dei diritti femminili. L’obiettivo prioritario di Joyce è la guerra alla povertà che colpisce soprattutto le donne e i bambini e come primo atto ufficiale ha venduto il jet privato e la limousine del suo predecessore.
Ma un tutto il Continente le donne stanno dimostrando un grande dinamismo: aprono studi legali, case di moda, centri medici, siedono in consigli di amministrazione, gestiscono aziende agricole. In Tanzania combattono contro lo sfratto dalle loro terre, in Mali le musulmane si oppongono alle mutilazioni genitali sulle figlie, in Sudafrica manifestano contro la violenza sessuale. Tuttavia hanno poca voglia di scendere in politica che continua ad essere dominata dagli uomini, più che in Europa (se parlano lingue estere vengono accusate di non essere vere africane). Eppure sono consapevoli che l’Africa sta vivendo un boom economico e che il progresso per diventare stabile ha bisogno di sviluppare idee nuove e creare un’élite più giovane.
A Città del Capo le attiviste più colte collaborano con “Equal Education”, un centro per discutere sulle condizioni misere delle scuole, per creare biblioteche, per raccogliere fondi, per comprare materiale didattico, o scrivere petizioni ai ministeri o organizzare manifestazioni di protesta. In Africa il peso della famiglia grava soprattutto sulle spalle delle donne che faticano, allevano i figli, accudiscono gli anziani, coltivano la terra…. spendono per la famiglia il 90% del loro reddito a fronte del 30-40% degli uomini. “Ma lo scenario sta cambiando, dicono, il futuro dell’Africa è donna ed è arrivato il momento di sfruttare il potenziale di 430 milioni di donne e ragazze”.
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