Fondazione Marisa Bellisario

LA PARITÀ PARTE DAL SALARIO

di Valeria Gangemi

La parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici è inserita tra le priorità della Strategia Europea 2020 ed è uno degli obiettivi della road map 2011-2015 relativamente a occupazione e diritti sociali. Anche se negli ultimi anni il divario si è leggermente ridotto, in realtà le disparità salariali sono dovute al fatto che a causa della crisi economica anche gli uomini guadagnano di meno. Quindi non è un miglioramento delle condizioni salariali delle donne!, concetto chiaro ribadito in particolare da Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione europea e Commissaria per la Giustizia.
Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro è sancito dalla Costituzione Italiana, ma dobbiamo batterci ancora lungamente per far applicare la legge. E la partita si gioca anche tramite una sinergica campagna di comunicazionale e un’intensa attività di lobbying presso la Comunità Europea e presso i singoli Stati.
L’Europa fa la sua parte con la “Giornata europea per la parità retributiva” che si tiene dal 2010 il 28 febbraio: una data non causale perché corrispondente al 59° giorno dell’anno e perché sono 59 i giorni in più che una donna dovrebbe lavorare per guadagnare quanto un uomo.
Questa è la strada da perseguire, con convinzione e determinazione, a tutti i livelli istituzionali e politici e attraverso un azione mirata ad applicare la legge, soprattutto per il mercato del lavoro privato dove il fenomeno ha assunto proporzioni intollerabili. Un primo passo potrebbe venire da un pieno sostegno del Governo Italiano al progetto “Equality Pays Off” (l’uguaglianza paga) nato per sensibilizzare le imprese ai vantaggi economici che possono venire dall’uguaglianza e dalla parità di retribuzione tra i sessi. Il progetto intende anche contribuire a raggiungere l’obiettivo della Strategia Europea 2020 di portare il tasso di occupazione al 75%, obiettivo che, in assenza di una più ampia partecipazione delle donne al mercato del lavoro, non potrà essere realizzato.
Nelle best practices al momento pubblicate sul sito della Commissione Europea, e di seguito descritte non c’è traccia di imprese italiane o di multinazionali presenti in Italia come, dall’estratto dei dati del 2010:

  •  La società editoriale tedesca Axel Springer AG ha varato nel 2010 il programma “Chancen: gleich!” (Stesse opportunità!) con l’obiettivo di portare al 30% la percentuale di donne con posizioni dirigenziali nell’arco di 5-8 anni;
  • La Kleemann Hellas SA, impresa greca che fabbrica ascensori, intende aumentare il numero di donne addette ai servizi vendita e assistenza tecnica, rompendo gli stereotipi e riducendo la segregazione di genere. Il progetto “Diversità e uguaglianza di genere” ha permesso di portare la presenza femminile nel dipartimento vendite dal 5% del 2004 al 30% nel 2012;
  • In Lituania, la compagnia di telefonia mobile Omnitel ha realizzato il progetto “Creare un ambiente di lavoro favorevole alle famiglie” che intende rendere l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata parte integrante della cultura organizzativa dell’impresa dando al personale la possibilità di lavorare in modo flessibile. Il progetto ha fatto salire la percentuale di donne manager nell’impresa;
  • Il “German Women’s Leadership Council” dell’IBM incoraggia le donne a intraprendere una carriera nel settore delle telecomunicazioni fornendo un tutoraggio personalizzato e a distanza alle studentesse nelle scuole e ed alle colleghe più giovani che si avviano ad una carriera specialistica o manageriale.

Certo, le imprese italiane sarebbero maggiormente motivate se si attuasse un beneficio fiscale ma l’applicazione della legge supera l’obiezione e si raccorda con una strategia di finanziamento e incentivo alle imprese che assumono donne già in essere. Ma il requisito per lo sgravio fiscale deve essere la parità retributiva altrimenti siamo di fronte all’ennesima speculazione.
Uno dei passi per annullare lo scarto sarà inoltre nel lancio di una campagna informativa per chiarire agli italiani la struttura – complicatissima in Italia – delle buste paga. Bisogna saper leggere, conoscere e comprendere le proprie buste paga ed essere consapevoli di questo gap: solo con la consapevolezza si rafforzerà l’impegno al cambiamento.

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