Fondazione Marisa Bellisario

LA DEMOCRAZIA RIDUCE LA LIBERTÀ PER LE DONNE ARABE

di Ornella Del Guasto

Il mondo sta ancora valutando le conseguenze della primavera araba, scrive New York Times, sui diritti e sulla sicurezza delle donne. Tutte le nazioni coinvolte nella primavera araba oggi presentano molti tratti in comune: i leader post-rivoluzione sono più religiosi, le donne più relegate di prima ai valori della tradizione e i militanti legati ad Al Qaeda sono diventati più visibili. Jessica Stern, professore ad Harvard e ex membro del Consiglio di Sicurezza americano sottolinea come “la democrazia non sia quella panacea che molti americani si illudono sia. Nei Paesi mediorientali e Nord africani stanno aumentando gli scontri civili e il terrorismo e la situazione per le donne e per le minoranze, a meno di adeguate forme di protezione, sta sensibilmente peggiorando”. Soprattutto in Siria, dove lo stupro è diventata un’arma di guerra e di intimidazione le donne sono a rischio. Realtà confermata dall’Alto Commissariato per i rifugiati secondo cui lo stupro è una delle principali cause di fuga dalla Siria. Gli analisti convengono che se la gran parte delle siriane ha partecipato in massa alle manifestazioni pacifiche contro il regime di Assad, una volta che la guerra sarà finita dovrà sicuramente affrontare la battaglia per la difesa dei propri diritti e della propria libertà. Ad esempio in Libia le donne hanno già subito la reintroduzione della poligamia e in Egitto la loro condizione si è inasprita con l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani, la cui arroganza e autoritarismo, combinati con la difficile congiuntura economica, stanno spingendo il Paese in una situazione che presto non sarà più sostenibile. “Oggi – sintetizza la Stern – la domanda è: l’Occidente vuole veramente la democrazia in Medio Oriente e Nord Africa, dove le libere elezioni stanno portando i vincitori a odiare combattere gli USA e Israele?”

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