Fondazione Marisa Bellisario

IL CREDITO FEMMINILE PAGA DI PIÙ

Di Valeria Ferrero & Valeria Gangemi

Le banche se investono nelle imprese femminili guadagnano una certezza, acclarata che distingue e risalta la differenza di stile imprenditoriale e gestionale che gli esperti di analisi del rischio delle banche dovrebbero considerare.
I criteri che una banca applica alla valutazione del rischio di credito dipendono da molti parametri che vengono ormai ricondotti a Probability of Default, Loss given Default, Risk Weighted Asset, Exposure at Default. Inoltre come dimenticare l’odiato algoritmo che calcola un rating in funzione di dati storici di bilancio, di analisi andamentale, di settore e area geografica di appartenenza.
Una giungla di termini di difficile comprensione per molti ai quali è necessario aggiungere, come sempre succede, l’effetto tempo, ovvero quanto tempo impiega una banca per rientrare dei propri crediti. E qui entra in gioco la durata del portafoglio crediti legata al rischio di insolvenza della controparte; dalla durata dipendono la probabilità di rientrare dei crediti concessi ed il costo dei fondi sul mercato unitamente al valore delle garanzie prese come collaterali.
In caso d’insolvenza del debitore, il tempo determina le scelte di una banca in merito all’opportunità di girare o meno a perdite, di cartolarizzare, di cedere sul mercato un credito, tutti costi che rendono necessario decidere cosa fare il prima possibile.
Un interessante e curioso documento di Banca d’Italia riconduce anche alla differenza di genere il comportamento delle banche in funzione della variabile tempo. Da uno studio quantitativo su aziende individuali di proprietà “femminili” emerge che la durata dei crediti problematici è maggiore nel caso di esposizione verso le imprenditrici piuttosto che verso gli imprenditori. Ed essendo ogni scelta motivata da ragioni di business, questo dimostra che le aspettative di recupero sono maggiori per le aziende femminili e che queste ultime tendono a uscire dalla crisi più velocemente di quelle maschili. Tutto coerente con il fatto che, aspettandosi recuperi maggiori dalle aziende femminili, saranno disposte a dedicare più tempo a sostenerle, rimandando la scelta di girare i crediti a sofferenza.
Maggiore serietà, maggiore trasparenza, maggiore tenacia, maggiore dialogo, maggiore apertura. I nostri punti di forza che si tramutano in asset tangibili, fondamentali per creare in noi la consapevolezza ma che devono tradursi in riduzione di punti percentuale del tasso applicato. La lotta che va affrontata è convincere il sistema bancario del fatto che valiamo un “credito migliore” e che alle banche convenga finanziarci. Nel bilancio Sociale delle banche inoltre gli indici ad hoc che misurano la differenziazione del credito e del rischio li inerirebbe in un circolo virtuoso che renderebbe la Responsabilità Sociale un fatto credibile per un settore in perenne crisi di credibilità. Utili indicazioni anche per gli esperti di marketing nell’ideazione di nuovi prodotti finanziari ad hoc. Altrimenti a noi non rimane che la costituzione della “Banca delle Donne”, da tempo presente in vari paesi avanzati Turchia inclusa.

7 commenti su “IL CREDITO FEMMINILE PAGA DI PIÙ”

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