Fondazione Marisa Bellisario

GLOBAL GENDER REPORT 2014: DI QUESTO PASSO 81 ANNI PER RAGGIUNGERE LA PARITA’

Il World Economic Forum ha pubblicato in questi giorni il Global Gender Gap Report 2014. Dal 2006, anno in cui è stato introdotto, i progressi fatti sembrano significativi: negli ultimi 9 anni, dei 111 paesi presi in esame, ben 105 si sono evoluti rispetto alle tematiche relative al Gender Gap. Ai vertici del ranking troviamo i Paesi Nordici, che si classificano nei primi 5 posti, raggiungendo una chiusura del Gap dell’84%, seguiti da Nicaragua, Irlanda, Filippine. Eppure, ancora oggi, nessun Paese del mondo è riuscito a colmare il divario di genere nei quattro aspetti presi in considerazione: salute, educazione, economia e politica. La conclusione del Rapporto è che se i cambiamenti avranno in futuro la stessa portata, ci vorranno altri 81 anni per arrivare a una situazione di parità.
In cime al ranking internazionale, Islanda, Finlandia, Svezia e Danimarca ma anche Paesi in Via di Sviluppo, come Nicaragua e Filippine. L’Italia si piazza al 69esimo posto su 142 Paesi: due posizioni guadagnate rispetto all’anno precedente, ma un peggioramento rispetto al periodo pre-crisi, che dimostra l’effetto negativo della crisi economica e il peso delle questioni irrisolte in tema di conciliazione e mercato del lavoro. Al contrario di noi, Paesi come la Germania, ma soprattutto la Francia (70esimo posto nel 2006, 16 nel 2014) hanno visto un miglioramento netto delle loro posizioni come conseguenza di politiche più favorevoli alle donne e alla loro posizione nell’economia e nella politica.
Guardando ai diversi aspetti presi in considerazione, l’Italia registra un netto miglioramento solo nell’indicatore del potere politico (dal 72 esimo posto nel 2006 al 37esimo posto di oggi). Le scelte del Governo Renzi di una compagine “paritaria” è certamente tra i fattori del cambiamento. Sugli altri fronti, invece, il peggioramento è evidente e progressivo. Per quanto riguarda la partecipazione economica e le opportunità occupazionali, oggi l’Italia è all’ultimo posto tra i Paesi europei, mentre è 129esima in fatto di uguaglianza salariale: le donne italiane guadagnano solo il 48% del salario di un uomo con le stesse mansioni, mentre in Danimarca si arriva al 71% e in Canada al 72%. Anche sul fronte dell’istruzione, sensibile è il peggioramento, sia per il più basso tasso di alfabetizzazione sia per il calo nelle iscrizioni di bambine alla scuola primaria, mentre per la scuola secondaria e l’università l’Italia si conferma, come molti altri Paesi, al primo posto. Un confronto, quello internazionale, che pesa e deve far riflettere. In Italia, negli ultimi anni gli unici cambiamenti hanno riguardato le presenza femminile nelle posizioni apicali grazie alla legge Golfo, in conseguenza della quale la percentuale di donne nei consigli di amministrazione è cresciuta di quasi tre volte, e le scelte di parità di genere nella composizione dell’attuale governo. Per il resto delle donne, la maggioranza, la situazione non è cambiata, anzi è peggiorata.
Al di là del nostro Paese, comunque, la strada da compiere è ancora tanto e la velocità non può rimanere costante. Se è vero che le persone e il loro talento rappresentano i due driver globali per una crescita economica sostenibile a lungo termine, il rapporto si chiede come possiamo sperare che l’economia cresca e si sviluppi se almeno la metà dei talenti, e cioè quelli femminili, non vengono coltivati o sono addirittura oscurati?
MA

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