Fondazione Marisa Bellisario

GIAPPONE: ABE E LE DONNE

Con il tasso di popolarità ai minimi da quando ha preso il potere e il rischio di ritrovarsi assediato da nemici interni al suo partito, Abe ha deciso di cambiare tutto. O quasi. La novità principale sono le cinque donne nell’esecutivo.

Un rimpasto di governo era nell’aria da qualche settimana. Ad agosto la popolarità del primo ministro era scesa sotto il 50% dopo una primavera e un’inizio d’estate particolarmente intensi, con l’aumento della tassa sui consumi dal 5 all’8% per cento, che ha frenato gli entusiasmi dei consumatori giapponesi per i primi effetti positivi della Abenomics.
Con il rimpasto, Abe ha preso due piccioni con una fava: si è liberato del rischio di un “ribaltone”, prima delle elezioni nel 2016, ad opera degli uomini del suo stesso partito e in due giorni il suo grado di apprezzamento è rimbalzato di 11 punti percentuali. Merito soprattutto della sua – apparente – attenzione al gender gap. Mentre le figure cardine del precedente esecutivo, quali il ministro delle Finanze Taro Aso, il ministro degli Esteri Kishida e il capo segretario di gabinetto Yoshihide Suga, hanno mantenuto il loro posto, Abe ha sparigliato le carte nominando cinque donne ministro, eguagliando il record di Koizumi.
Alcune di loro occupano posti chiave. Tre in particolare: Yuko Obuchi all’Economia, commercio e industria, Midori Matsushima alla Giustizia e Sanae Takaichi agli Interni. Poi, Eriko Yamatani, consigliera di Abe dal 2006 oggi ministra per la questione dei sequestri di cittadini giapponesi in Corea del Nord e per la gestione dei disastri naturali, e Haruko Arimura, incaricata di risolvere il problema del declino della natalità. Nessuna di loro arriva però dal nulla: tutte avevano già occupato posti di rilievo nella prima esperienza di governo di Abe (2006-7) o nelle successive amministrazioni del Pld.
Takaichi, Yamatani e Arimura fanno parte della Nippon Kaigi, un’associazione non partitica neonazionalista, nota, tra l’altro, per le sue posizioni sulla necessità di un’educazione patriottica delle nuove generazioni. Arimura, in particolare, nel 2004 era salita agli onori delle cronache per aver contestato un opuscolo distribuito nelle scuole da un’agenzia ministeriale accusandolo di incitare le ragazze all’uso della pillola.
Quella di Matsushima, nota per il suo passato da giornalista dell’Asahi e per la sua abitudine di vestirsi sempre di rosso sul lavoro, sembra una candidatura meno allineata. Dovrà gestire la giustizia, il che, in Giappone, significa anche la patata bollente delle esecuzioni.
Obuchi, invece, è erede di una dinastia politica, essendo figlia dell’ex primo ministro Keizo Obuchi, e, almeno sulla carta, gode di una notevole popolarità: nel 2009 diventa la prima donna ad aver un figlio durante un mandato ministeriale. È lei, secondo alcuni analisti, il volto nuovo e più spendibile del nuovo corso. In particolare nell’ottica del progetto di totale riattivazione delle centrali nucleari del paese.
“Obuchi è donna e madre di due figli piccoli”, ha spiegato Yuki Tatsumi, ricercatrice dello Stimson Center di Washington a Deutsche Welle. “Abe ha probabilmente valutato che le spiegazioni del governo sulla questione della riattivazione sembreranno più convincenti provenendo da un politico di fiducia come lei”.

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