Fondazione Marisa Bellisario

GERMANIA, DAL 2016 QUOTE DI GENERE PER I CONSIGLI DI SORVEGLIANZA DELLE QUOTATE

Alla fine l’accordo è arrivato, dopo mesi di negoziati piuttosto tesi tra le forze politiche che sostengono il Governo. A partire dal 2016 nei Consigli di Sorveglianza delle società tedesche quotate in borsa il 30% dei posti dovrà essere riservato a donne. Nelle aziende di grandezza media si applicherà un principio di “flessibilità”, stabilendo degli obiettivi caso per caso. «Questa decisione è un passo importante per l’uguaglianza tra i sessi e rappresenta un cambiamento storico nella cultura del mondo del lavoro», ha commentato la ministra della Famiglia Manuela Schwesig, una delle dirigenti in ascesa del partito socialdemocratico. Un po’ più freddina la Merkel, che non ha mai manifestato grande entusiasmo verso le quote (nonostante conti su un Governo con il 40% dei Ministri donne). «Abbiamo preso una decisione e la renderemo esecutiva. Non possiamo permetterci di trascurare il contributo delle donne», ha detto in Parlamento, annunciando che la legge verrà presentata l’11 dicembre.
La decisione concordata fra i tre partiti della maggioranza rappresenta un compromesso perché si applica alle 108 aziende inserite nell’indice Dax che hanno rappresentanti dei dipendenti nei Consigli di Sorveglianza e non si estende ai Consigli di Amministrazione. Previste sanzioni nel caso che la quota del 30% non venga rispettata mentre i posti non assegnati a donne rimarranno vacanti. Altre 3.500 compagnie potranno fissare autonomamente la composizione dei loro vertici, accogliendo lo spirito della legge, ma saranno tenute a non allontanarsi dagli impegni indicati. Attualmente, nelle 30 aziende maggiori le donne occupano il 7% degli incarichi esecutivi, mentre sono circa il 25% quelle che siedono nei Consigli di Sorveglianza. Una percentuale, questa, che è leggermente superiore alla media europea del 20%.
L’intesa è stata raggiunta, non senza fatica, grazie all’insistenza della Spd, la cui componente femminile aveva indicato un anno fa l’introduzione delle quote di genere come una delle condizioni indispensabili per la nascita della grande coalizione. Per difendere Manuela Schwesig dagli attacchi, anche sprezzanti, giunti nelle ultime battute della trattativa da esponenti cristiano-sociali e di una parte della Cdu, è dovuto scendere il campo il vice cancelliere e leader socialdemocratico Sigmar Gabriel. «Se gli uomini ritengono fastidioso questo argomento, vuol dire che hanno un problema», ha tuonato.
Come in Italia, anche in Germania – nonostante la legge sulle quote sia considerevolmente più morbida – l’approvazione del provvedimento è stata ostacolata fin dall’inizio da un consistente fuoco di sbarramento delle associazioni degli industriali e delle aziende. Ulrich Grillo, il capo della Bdi, la “confindustria tedesca”, ha ribadito che “non esiste assolutamente il bisogno di nessun tipo di quote legali”. «Scegliamo i nostri dirigenti per le loro qualifiche e non in base al loro sesso», ha dichiarato un portavoce della Bayer. Di tutt’altro tono, naturalmente, le reazioni di un altro ministro socialdemocratico che si è impegnato a fondo per sbloccare il negoziato, il responsabile della Giustizia Heiko Maas. «È una decisione storica – ha detto – che renderà la Germania un Paese un po’ più moderno». Su un punto è difficile dargli torto, quando ha ricordato che la “favola” secondo cui non ci sarebbero abbastanza donne competenti in grado di occupare posti di responsabilità «viene raccontata da chi è rimasto al secolo scorso».

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