È stata una legge, quella sulle quote di genere nelle società quotate e controllate, a cambiare verso virando sul femminile, al sistema di governance italiano. Ma dopo la legge, come afferma Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario e teorica delle “quote” che hanno consentito l’ingresso di tante donne che, senza obbligo, sarebbero rimaste in panchina, ora bisogna cambiare la cultura e i comportamenti. “Matteo Renzi è un grande innovatore, ha capito per primo che bisognava puntare sulle donne – afferma la Golfo presentando in anteprima all’Agi i sorprendenti dati di bilancio a due anni dall’entrata in vigore della legge – sono sicura comunque che il nostro lavoro legislativo gli abbia facilitato il compito”.
Ecco allora i numeri elaborati dalla Fondazione Belisario sulla base delle rilevazioni Consob: nel 2009 le donne che sedevano nei CdA erano appena il 5,9 per cento; nel 2010 salivano al 6,8 per passare al 7,4 nel 2011 fino al boom del maggio scorso quando si sono più che triplicate arrivando al 23 per cento. “Se fino al 2010 gli uomini sedevano nella maggioranza dei CdA delle società italiane quotate, oggi il solo genere maschile rappresenta una frazione modesta pari al 12 per cento”, sostiene Lella Golfo, “insomma siamo riuscite a scardinare i vecchi e usurati sistemi di cooptazione inducendo le imprese a confrontarsi con la questione delle pari opportunità che sono legate alla maggiore meritocrazia e democrazia delle aziende stesse”.
La rivoluzione delle “quote” femminili ha avuto altre e importanti evidenze positive. Secondo i numeri elaborati dalla Fondazione Belisario sulla base delle rilevazioni Consob, sulla base dei bilanci al 2012 delle società quotate al listino di piazza Affari, gli amministratori donne vantano un tasso di presenza media del 95% anche se il loro ruolo nei CdA è solo nel 3,2% dei casi di amministratore delegato o consigliere delegato e meno del 3% presidente. Più complessa ma decisamente rosea la situazione sul fronte delle controllate della Pubblica amministrazione: le società controllate sono qui oltre 4 mila, nello specifico 2,5 mila partecipate dai Comuni, 800 da enti, 400 dalle Province e 270 dalle Regioni. Le cariche di amministrazione e controllo sono “donna” nel 17,2% dei casi contro l’82,8% del dato maschile. Altra differenza è riscontrabile dal punto di vista geografico. “A quanto dicono i numeri”, commenta Lella Golfo, “è nel Sud e nelle isole che le donne incontrano maggiori ostacoli a sedere nei board. Nel Mezzogiorno solamente il 12,7% delle cariche sono “femminili” contro percentuali che superano il 15 al Nord”. Ma i miglioramenti, secondo la presidentessa della Fondazione Belisario, iniziano a farsi sentire a due anni dall’approvazione della legge. Le società che hanno rinnovato i loro organi dopo il 12 febbraio 2013 hanno una percentuale femminile quasi vicina al 24 per cento contro il 14,3 di quelle il cui CdA non era ancora scaduto all’indomani dell’entrata in vigore della norma. Le nuove norme, aggiunge ancora Golfo, sono state recepite soprattutto nelle società controllate dagli enti territoriali mentre negli enti centrali si verifica un ritardo. Anche qui ecco i numeri che parlano più chiaro di mille parole. Il 55% delle società controllate da enti non territoriali ha un CdA in regola; una cifra questa più bassa del 79% esibito dalle controllate regionali, del 64 delle provinciali e del 65 dei comuni. Sono in particolare le controllate pubbliche con sede al Nord a rispettare le nuove disposizioni (quasi il 70%) rispetto ad un dato che nel mezzogiorno si ferma irrimediabilmente al 53%. In alcune regioni come la Calabria – che è la patria della “madre” della legge 120 – su poco più del 40% di aziende che hanno rinnovato almeno un organo dopo il febbraio 2013, addirittura il 70,3% risulta “non compliant” cioè ha eluso la legge. Le segnalazioni di inadempienza pervenute al Dipartimento delle Pari Opportunità sono ad oggi in tutto 261 di cui 127 al Nord, 108 al centro e 16 al Sud e nelle isole. (AGI)
10 commenti su “DONNE IN CDA: INDAGINE FONDAZIONE BELLISARIO, SALGONO DAL 5,9% AL 23% MA SOLO 3,2% HA DELEGHE”
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