Meglio un assegno più magro oggi che una pensione più ricca domani? E’ l’interrogativo che interessa molte lavoratrici. Ma la risposta va data in tutta fretta.
Fino all’anno prossimo le lavoratrici dipendenti di 57 anni e con 35 di versamenti possono ritirarsi in anticipo accettando la penalizzazione del calcolo contributivo. Dopo le ultime riforme previdenziali anche le donne hanno dovuto dire addio alla pensione di anzianità, quella che si otteneva con 35 anni di contributi. L’età minima per la pensione di vecchiaia nel 2014 è salita a 63 anni e 9 mesi, e salirà ancora fino a raggiungere quella degli uomini (66 anni) nel 2018. Per l’uscita anticipata dal lavoro non resta quindi che una strada: quella che la legge Maroni (confermata dalla riforma Fornero) riserva fino a tutto il 2015 alle lavoratrici dipendenti, con almeno 57 anni di età e 35 di contributi che siano disposte a scegliere il calcolo contributivo della pensione. La cosiddetta «opzione donna». Una scelta che molte lavoratrici potrebbero trovare conveniente soprattutto nel pubblico impiego, dove l’unificazione con gli uomini è già in atto, per cui per ottenere la pensione di vecchiaia occorre aver compiuto 66 anni e 3 mesi.
Prima di inoltrare la domanda è bene valutare con attenzione i pro e i contro. Sul piatto della bilancia vanno messi da un lato l’indubbio vantaggio derivante da un ritiro anticipato e dall’altro un assegno più basso rispetto a quello che si percepirebbe con la pensione di vecchiaia. A fare la differenza non sarebbe tanto il periodo di lavoro in più, quanto il diverso sistema di calcolo previsto per i due trattamenti. Quello di vecchiaia si gioverebbe infatti del sistema retributivo, che è nettamente più redditizio di quello contributivo, soprattutto per chi ha conseguito negli ultimi annidi attività cospicui aumenti di stipendio. È evidente, quindi, che se non ci sono ragioni personali di un certa importanza o incentivi da parte dell’azienda, che potrebbe essere interessata a sfoltire il proprio personale, alla maggior parte delle donne conviene lavorare qualche anno in più per garantirsi una pensione più “rotonda”. Ma quanto si perde? Non si può dare una risposta generalizzata. Ogni caso è a se stante. Ma non si è lontani dal vero quando si dice che la pensione risultante è più bassa del 25-35% rispetto alle aspettative.
MA
12 commenti su “DONNE, FINO AL 2015 IN PENSIONE PRIMA MA CON UN ASSEGNO RIDOTTO”
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