«Fallita la ricerca del “posto di lavoro”, mettersi in proprio diventa la strada più percorribile, grazie anche agli sviluppi delle tecnologie della comunicazione e ai costi decrescenti nell’avvio di un’attività imprenditoriale o autonoma» rivela un focus su «Donne al lavoro, la scelta di fare impresa» che il Censis ha realizzato per Confcooperative. E le prime a rimboccarsi le maniche sono le donne, tanto che secondo la ricerca le imprese «rosa» crescono a un ritmo triplo rispetto a quelle maschili, e sono sempre le donne, soprattutto nelle grandi città del Mezzogiorno, a dar vita al maggior numero di start up. E questo capita anche in settori prima esclusivamente appannaggio maschile.
LE IMPRESE FEMMINILI
Le imprese rosa nascono soprattutto nelle regioni centrali (+2%), al Sud (+1,8%), mentre il Nord Ovest e il Nord Est presentano incrementi più contenuti (1% circa). Le regioni a più alto tasso di crescita sono il Lazio e la Calabria (entrambe con un +3,1%), mentre, all’opposto, Piemonte, Val d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Liguria e Marche segnalano una dinamica negativa. In termini di stock, la quota più elevata di imprese femminili è attribuibile al Mezzogiorno, dove hanno sede 476mila aziende, pari al 23,7% del totale. Se si prendono in considerazioni le 14 città metropolitane, al primo posto per tasso di femminilizzazione nel 2016 c’è Reggio Calabria con il 24,2%, seguita da Catania (23,6%) e Palermo (23,4%). Roma e Milano sono sotto il valore nazionale, ma presentano gli stock più elevati: Roma è prossima alle 100mila imprese, mentre Milano supera le 60mila. In totale circa 464mila imprese femminili si concentrano nelle aree metropolitane, poco più di 1/3 dei numeri nazionali.
In particolare su un totale di 6 milioni e 74 mila imprese registrate, il 21,8% (1,32 milioni) è guidato da donne. Fra il 2014 e il 2016 l’incremento è stato dell’1,5%, il triplo rispetto alla crescita del sistema imprenditoriale che non è andato oltre lo 0,5%.
Tra il 2014 e il 2016 a fare la differenza sono i dati relativi a settori tipicamente maschili, nell’area dell’energia e nelle costruzioni infatti, la crescita è stata del 2,6%, settore quest’ultimo dove i dati complessivi mostrano una diminuzione delle imprese del 2,1%.
LE STARTUP
Nel campo delle start-up innovative, al primo trimestre 2017 si contavano invece 918 imprese a prevalenza femminile su un totale di 6.880, pari al 13,3% sul totale, per lo più specializzate nel campo della produzione di software, della consulenza informatica, della ricerca e sviluppo e dei servizi Ict. Questo grazie alle recenti iniziative gestite da Invitalia (su 2.184 nuove imprese finanziate nel 2016, il 43% è costituito da imprese femminili).
L’OCCUPAZIONE
Ed in parallelo cresce anche l’occupazione, con un saldo positivo rispetto al 2007 di 71mila unità, soprattutto nel campo delle libere professioni. Altro dato che caratterizza le donne riguarda la quota di laureate tra le occupate: nel 2016 ha infatti raggiunto il 53,5% staccando di ben 7 punti gli uomini segno che l’investimento in capitale umano realizzato in questi anni ha pagato.
LE COOPERATIVE
Decisamente considerevole il contributo alla crescita del numero delle imprese che proviene dalle imprese cooperative femminili che crescono del 4,1% in due anni (superando la soglia delle 30mila unità nel 2016) e portano al 21,1% la quota delle cooperative femminili sul totale delle cooperative. Circa il 40% dell’incremento osservato è riconducibile al contributo delle cooperative guidate da donne. «Le donne – commenta il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini – hanno avuto il talento di trasformare fattori di svantaggio, tra pregiudizi e retaggi culturali, in elementi di competitività, riuscendo ad anticipare i fattori di novità del mercato, tanto che la ripresa è trainata dalle imprese femminili che crescono dell’1,5% rispetto a una media dello 0,5%. Nelle cooperative, fanno meglio. Perché 1 su 3 è a guida femminile, è donna il 58% degli occupati e la governance rosa si attesta al 26%. Le donne hanno trovato nelle cooperative le imprese che più si prestano a essere ascensore sociale ed economico perché sono le imprese che coniugano meglio di altre vita e lavoro. La conciliazione resta il prerequisito per accrescere la presenza delle donne nelle imprese e nel mondo del lavoro».
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