Fondazione Marisa Bellisario

IN ATTESA DI UN NUOVO VERDETTO PER MERIAM, LA CRISTIANA CONDANNATA A MORTE IN SUDAN

Italians for Darfur, l’organizzazione che ha promosso una petizione per salvare la 27enne cristiana, incinta di otto mesi, in attesa d’impiccagione in Sudan, rassicura: “Entro poche settimane il nuovo verdetto: esclusa la pena capitale”. Meriam avrà un nuovo processo e sarà la Corte suprema ad affrontare il suo caso. Incinta di otto mesi, la 27 enne dottoressa sudanese era stata arrestata lo scorso febbraio in seguito alla denuncia di un parente. Attualmente si trova in cella con un altro figlio di 20 mesi. In tutto il mondo sono partite campagne per far liberare la donna accusata di “apostasia” dal tribunale di Karthum.
All’udienza, che si è tenuta il 15 maggio in un tribunale della capitale sudanese, il giudice Abbas Mohammed Al-Khalifa si è rivolto all’imputata chiamandola con il nome arabo, Adraf Al-Hadi Mohammed Abdullah e chiedendole se rifiutasse ancora di convertirsi all’Islam. “Io sono cristiana e non ho commesso apostasia”, è stata la replica della giovane. Il verdetto, poi scongiurato, che ha seguito la dichiarazione della ragazza sudanese ha destato sconcerto in tutto il mondo: “Ti abbiamo dato tre giorni di tempo per rinunciare – ha proseguito la Corte – ma tu continui a non voler tornare all’Islam e dunque ti condanno a morte per impiccagione“. Meriam, di fronte alla sentenza, non ha espresso alcuna emozione, mentre fuori dal tribunale una cinquantina di persone ha protestato chiedendo il rispetto della libertà religiosa e respingendo la decisione del giudice.
Padre musulmano, assente da quando Meriam era molto piccola e madre cristiana ortodossa, la ragazza è stata cresciuta secondo la religione della mamma mentre, per la legge islamica, se il padre è musulmano la figlia è automaticamente della stessa fede. Meriam si è poi sposata con un cristiano del Sud Sudan, matrimonio non considerato valido perché contrario alla Sharia e per il quale la giovane donna è stata accusata di “adulterio” e frustata cento volte.
Amnesty International ha definito la sentenza “ripugnante“, ha chiesto l’immediato rilascio della ragazza e ha lanciato una raccolta firme. Alcune ambasciate occidentali a Khartum si erano schierate con Meriam ancora prima della sentenza: “Chiediamo al governo del Sudan”, si legge in un comunicato diffuso dalle rappresentanze di Usa, Gran Bretagna, Canada e Olanda, “di rispettare il diritto di libertà di religione, compreso il diritto di ciascuno di cambiare la propria fede o le proprie credenze, un diritto che è sancito dal diritto internazionale e dalla stessa Costituzione ad interim sudanese del 2005″.
MA

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