di Suor Anna Monia Alfieri*
L’aver avuto l’occasione di intervenire all’evento del 18 ottobre è stato per me entusiasmante ed arricchente sotto tanti punti di vista. Ringrazio nuovamente la Presidente Lella Golfo che mi ha invitata.
Non nascondo che, a motivo del mio carattere un po’ riservato, quel “Donna, Economia & Potere” mi aveva creato qualche preoccupazione: in realtà l’atmosfera e il taglio educativo e umano degli interventi hanno subito messo in fuga ogni indugio e tentennamento. Il tema, poi, che mi è stato assegnato è quello che più mi sta più a cuore, pertanto la partecipazione all’evento ha rappresentato per me l’ennesima opportunità per parlare del mondo dei giovani, in tutti i suoi aspetti, da quelli più entusiasmanti a quelli che più interpellano le nostre coscienze e invitano ad agire con urgenza.
Sappiamo che dei giovani si tende il più delle volte a sottolineare maggiormente gli aspetti negativi che quelli positivi. Il problema nasce da un’errata attribuzione di significato dato alla parola libertà. La parola libertà è stata, infatti, separata dalla parola responsabilità. Il risultato di questa scissione ha prodotto le terribili conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti, in termini di episodi di cronaca e di povertà educativa in tutte le diverse forme in cui essa si manifesta.
La vera libertà, al contrario, comporta, necessariamente, una responsabilità nei confronti di sé stessi e della collettività. La libertà implica, poi, la conoscenza. La povertà educativa, pertanto, nasce da una libertà male educata, da una libertà che è stata lasciata in balia di sé stessa. E i social hanno fatto il resto. Il compito di chi lavora nel campo educativo è far sì che gli educandi siano interessati al bene proprio e degli altri. Come infatti più volte il Papa ha richiamato, occorre riscoprire la dinamica della fraternità, un antidoto potente alla povertà educativa fondata su logiche parziali e limitate. Per educare alla fraternità, occorre che ogni adulto si comporti da adulto e si senta chiamato a questa responsabilità: pertanto, anche da queste righe, invito gli adulti ad intervenire in modo deciso nel campo educativo, con serietà e autorevolezza.
Ancora una considerazione, richiamandomi a quel “Donna, Economia & Potere” che qualche timore mi aveva suscitato al principio. Vorrei soffermarmi sul ruolo della donna, oggi. La storia della Chiesa e, ancor prima, la storia del popolo ebraico, attraverso l’Antico Testamento, ci rimandano a donne che hanno avuto un “ruolo”, nel senso di compito, di collaborazione con l’uomo per il bene dell’umanità. Tutte queste donne, è da notare, neppure consideravano sè stesse in competizione con l’uomo e neppure basavano la loro azione su qualche sentimento di rivincita rispetto a una pregiudiziale discriminazione subita dall’uomo. Semplicemente hanno messo a frutto tutta la sensibilità umana e religiosa che il loro “genio femminile” ha suggerito loro. Per tutte queste ragioni, quando sento parlare, anche all’interno della Chiesa, della mancata valorizzazione della donna, non sono d’accordo: personalmente non mi sento affatto discriminata né come donna né come religiosa, proprio perché intendo la mia vita, in primis, e la mia scelta di consacrazione, in secundis, come un dono, come un’opportunità da giocare al 100%. Quest’ottica mi fa vivere tutto come occasione di bene, non come privazione di qualcosa. Chi si sente privato di qualcosa tende al risentimento, alla rivendicazione. Chi, al contrario, si sente realizzato è aperto agli altri con serenità e attenzione. Occorre sempre andare oltre le visioni divisive, le polemiche, come se ci mancasse sempre qualcosa e quel qualcosa non basta mai. Vivere in pienezza, per me, vuol dire questo.
Tenerezza e generatività, energia e determinazione non hanno genere: sono caratteristiche profondamente umane che vanno coltivate in un contesto non discriminante dell’umano. Non amo, per carattere, le battaglie rivendicative, in quanto ritengo che alla base di tutto ci deve essere un processo di educazione e formazione, che solo famiglia e scuola, nella complementarietà dei ruoli anche maschili e femminili, possono offrire. Ricordo le parole di un’intervista ad Anna Maria Tarantola, manager, madre di due figli, dirigente di Banca d’Italia ed ex presidente della RAI: «Trovo sia giusto che le donne raggiungano la dignità lavorativa e uno status senza dover rinunciare alle loro qualità e caratteristiche femminili, che sono quelle che le rendono speciali. La diversità è una ricchezza, e quella tra uomo e donna è una ricchezza inestimabile, che va in beneficio di tutta la nostra società». Queste parole esprimono pienamente l’unica strada percorribile, in termini di complementarietà, in campo educativo che può fare tanto bene alla nostra società, in modo particolare ai giovani, perché donne e uomini possano collaborare per un’economia più giusta, intesa come equa distribuzione delle risorse, e un potere vissuto nella prospettiva del servizio e della responsabilità. Altrimenti ci saranno uomini e donne potenti la cui forza sarà, però, basata sullo sfruttamento e sull’iniquità. Conosciamo bene i risultati di questa visione del mondo e delle cose, perché la cronaca ce li racconta tutti i giorni. Eppure confido, e so di avere tanti alleati, come ho sperimentato all’evento del 18 ottobre, in una decisa inversione di rotta.
*Senior Lecturer ALTIS, Graduate School of Sustainable Management