di Maria Ludovica Agrò*
Il nuovo fondo deciso a Bruxelles nel lunghissimo vertice del 17-21 luglio 2020 ha un nome che sa di futuro e di futuro migliore, Next Generation EU, e introduce novità di grande rilevanza pur nel quadro di una governance europea intergovernativa che mostra sempre più i suoi limiti. Il debito comune che consente di accedere al mercato mondiale di capitali per la parte a prestito con una tripla A di affidabilità è un’innovazione che porta benefici alle finanze italiane ma anche a tutta la UE per la portata politica che un debito comune riveste. Nel quadro finanziario pluriennale del bilancio UE l’Italia è rimasta comunque contribuente netta e le risorse complessive a disposizione delle politiche comuni della UE nel periodo 2021-2027 salgono a oltre 1800,00 Mld€. I 750 miliardi di euro in più rispetto allo stanziamento ordinaro del bilancio settennale (1074,00Mld€) hanno un orizzonte attuativo più breve, dal 2021 al 2026 e sono stati divisi fra prestiti e sovvenzioni a fondo perduto. L’innovazione più rilevante che distingue il PNRR sia dai Fondi diretti della UE che dai Fondi strutturali che sono cofinanziati fra Stato membro e Commissione, è la sua natura di programma di performance e non di spesa e questo permette o meglio permetterebbe di guardare ai risultati degli investimenti e dei progetti e non al mero assorbimento della spesa, quindi di concentrarsi sul soddisfacimento dei fabbisogni rilevati cui l’investimento dà soluzione.
La centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere ribadita nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR IT 2021) che individua la parità di genere come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni e stabilisce che l’intero Piano dovrà essere valutato in un’ottica di gender mainstreaming è sicuramente un’altra importante innovazione trattandosi del Piano di riforma e rilancio del Paese e della più grande opportunità di crescita attualmente a disposizione. La parità di genere e la promozione dell’occupazione femminile nei contratti pubblici finanziati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC) sono temi strategici che sono stati più volte rilanciati dal 2021 ad oggi nel dibattito pubblico e che hanno sempre accompagnato anche la programmazione comunitaria.
A partire dal 2022, l’introduzione del “Gender Equality Plan – GEP” nell’ambito degli interventi realizzati in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha introdotto un elemento strategico per dare sistematicità alle politiche di genere integrando questa prospettiva nella progettazione, nell’attuazione, nel monitoraggio e nella valutazione delle misure attuative. Sarà proprio il monitoraggio in itinere che potrà dirci se tale indirizzo di priorità orizzontale è stato osservato: in passato non si è mai verificata la congruenza del realizzato con questa indicazione presente già fin nella programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali pur se con accenti diversi.
Le misure adottate di sostegno alle politiche di genere nel PNRR rientrano in sei categorie: (a) misure rivolte ad aumentare il tasso di partecipazione femminile al lavoro e congiuntamente accrescere il tasso di occupazione femminile; (b) misure dirette e indirette finalizzate alla crescita dell’occupazione delle madri, attraverso il potenziamento di servizi che favoriscono l’equilibrio vita-lavoro (ad esempio servizi educativi per l’infanzia, diffusione del tempo pieno, mense scolastiche e infrastrutture sportive nelle scuole); (c) misure dirette e indirette a ridurre le asimmetrie persistenti nel lavoro familiare (riduzione del carico di lavoro non retribuito di cura e disponibilità di infrastrutture più efficienti); (d) misure dirette e indirette per aumentare il numero di laureate nell’area STEM; (e) misure dirette e indirette a ridurre le situazioni di grave deprivazione abitativa, che molto spesso colpiscono le famiglie monoparentali composte da donne con figli (interventi di edilizia pubblica residenziale); infine (f) misure dirette e indirette sulla speranza di vita in buona salute delle donne attraverso il potenziamento dell’assistenza sanitaria primaria territoriale e il rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture. Con specifico riferimento all’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro salariato e al raggiungimento di un maggiore livello di benessere e di qualità delle condizioni di lavoro, la missione 5 “coesione e inclusione” ha posto tra gli obiettivi due misure strategiche: la valorizzazione dell’imprenditorialità femminile finanziata con 400Mln€ e l’introduzione e definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere finanziato con 10 Mln€. Tra le misure più significative spiccano oltre quelle sopracitate: 1,6 Mld € (Missione 4 Istruzione e ricerca Misura1.3 Partenariati estesi a Università, centri di ricerca, imprese e finanziamento progetti di ricerca), 250 Mln€ (Missione 4 Istruzione e ricerca 1.6 Orientamento attivo nella transizione scuola – università – Laureati area STEM).
Nonostante le misure che sembrano toccare i punti più critici di un processo di parità mai concluso occorre tenere presente che le misure dirette del PNRR per la riduzione del divario di genere sono una parte molto ridotta rispetto al principio di priorità trasversale previsto e all’ammontare complessivo del Piano pari a 194,4 Mld€: solo l’8% dei fondi del PNRR dedicati alla parità di genere è considerato a impatto diretto.
*Responsabile scientifico FPA per l’attuazione del PNRR
