di Laura Morelli*
Gli esempi sono tanti e molti uno dopo l’altro. I più eclatanti sono stati quelli di Meta e di Amazon, due delle big corporate statunitensi. Non c’è Apple perché il board si è opposto, ma ci sarebbero anche Ford, Walmart, Toyota e Harley-Davidson, per citare le più note. È la lista di aziende negli Stati Uniti che hanno abbandonato, o sembrerebbero stare per farlo, i programmi di Diversity&Inclusion (D&I). Ma che significa? E l’Italia sarà influenzata?
Infanto, a livello pratico, significa ad esempio che Meta- la vecchia Facebook che possiede anche fra le altre Instagram e Whatsapp – ha annunciato internamente che “cambierà le politiche di assunzione e scelta dei fornitori”, stando a un memo ottenuto dalla Cnn, e che “le decisioni di assunzioni non saranno basate più tenendo in considerazione ‘caratteristiche protette’ come la razza e il genere”.
Secondo il Washington Post, Amazon avrebbe poi rimosso dai suoi siti web diverse politiche volte a proteggere i lavoratori, tra cui gli impegni di solidarietà con i dipendenti neri e le prestazioni sanitarie per i lavoratori transgender. Inoltre, una sezione precedentemente chiamata “Diversità, equità e inclusione” si chiama ora “Esperienze inclusive e tecnologia” (basta guardare la differenza tra l’Url e il nome della pagina https://www.aboutamazon.com/workplace/diversity-inclusion). A gennaio, McDonald’s ha annunciato che apporterà diversi cambiamenti alle sue pratiche, tra cui la cessazione dei requisiti D&I per i suoi fornitori e la “sospensione delle indagini esterne” incentrate sull’inclusione, tra cui il Corporate Equality Index (CEI) della Human Rights Campaign.
La scelta di queste importanti società a livello globale, in un Paese che detta i trend soprattutto in Europa, è coincidente con la vittoria di Donald Trump quale nuovo presidente degli Stati Uniti, un ritorno dopo il precedente quadriennio di Joe Biden. Il motivo non è solo – o soltanto – politico, ma è coerente con una linea ben definita della nuova amministrazione. Nell’ottobre 2020, per fare un esempio, a fine mandato Trump firmò un ordine esecutivo “per combattere gli stereotipi razziali e sessuali offensivi e antiamericani” (EO), che proibiva agli appaltatori federali, ai subappaltatori e ad alcuni beneficiari di sovvenzioni di utilizzare “qualsiasi formazione sul posto di lavoro che inculchi nei propri dipendenti qualsiasi forma di stereotipo razziale o sessuale o qualsiasi forma di capro espiatorio razziale o sessuale”. Nel gennaio 2021, nel suo primo giorno di mandato, Joe Biden revocò l’ordine e ne firmò uno che promuoveva “l’equità razziale e il sostegno alle comunità poco servite”.
Ora che Trump è tornato ufficialmente in carica potrebbe ripristinare la direttiva se non inasprirla, provocando un giro di vite nelle società federali. D’altronde nel suo discorso di insediamento quale 47esimo presidente degli Usa è stato lui stesso a ribadire che “esistono solo due generi, uomo e donna”, dichiarando ufficialmente finita l’era di una cultura politica e aziendale che invece metteva al centro ogni tipo di diversità. Ed è bene ricordare che i Conservatori possiedono anche il controllo della Corte Suprema oltre che, da lunedì 20 gennaio, il Parlamento.
Le scelte degli Stati Uniti si rifletteranno in Europa e in Italia? Un’influenza importante l’avranno influenzeranno le aziende e il mercato del Vecchio Continente, comprese le controllate statunitensi delle multinazionali. A livello politico, uno scudo arriva dall’Unione europea stessa che favorisce politiche di inclusione e diversità, oltre che di sostenibilità ambientale, dando paletti ben precisi alle imprese ad esempio con le direttive Csrd (Corporate Sustainability Reporting Directive) e Csdd (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). In ogni caso, a appare evidente come, a livello occidentale, la spinta verso una maggiore attenzione alla parità di genere post movimento #Metoo del 2017 stia perdendo forza (anche quella arrivata in Europa dagli Usa), la propulsione sociale – e quelle politiche e aziendali in scia – stia diminuendo o sia più orientata verso altri fronti, con il rischio di ritornare indietro rispetto a tanti diritti civili duramente acquisiti.
*Giornalista e Direttrice responsabile di Innlifes
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