di Anna Rita Germani*
In questi giorni – dall’11 al 22 novembre 2024 – si sta svolgendo a Baku, capitale dell’Azerbaijan, la ventinovesima Conferenza della Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (COP29) in cui i leader mondiali si riuniscono per discutere sul clima. Lo scorso anno, il Global Stocktake presentato alla COP28 di Dubai aveva sottolineato l’inadeguatezza degli impegni globali, evidenziando l’urgenza di ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, accelerare la produzione di energia rinnovabile e migliorare l’efficienza energetica. Eppure, secondo il recentissimo rapporto sulle emissioni di gas serra dell’United Nations Environment Programme (Emissions Gap Report 2024), nel 2023 le emissioni di gas serra nei paesi del G20 sono aumentate dell’1,3% rispetto al 2022 e si sono distribuite in modo non uniforme, raggiungendo i livelli più alti nei paesi che hanno registrato una crescita economica maggiore.
Mentre la COP28 era stata definita il vertice delle contraddizioni, la COP29 è stata già indicata da molti come la Conferenza dei numeri e definita il vertice della transizione. Quest’anno la Conferenza è dedicata a ridefinire la finanza del clima e, più precisamente, riguarda l’impegno delle economie avanzate nei confronti dei paesi emergenti e di quelli più poveri per aiutarli a ridurre le emissioni di gas serra. I fondi per il clima sono storicamente un campo di difficile negoziazione tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, perché i secondi naturalmente chiedono ai primi – per responsabilità storiche sulle emissioni – un contributo maggiore. Il principale obiettivo di quest’anno è proprio quello di indicare una cifra: seimila miliardi di dollari all’anno fino al 2030 è il cosiddetto New Quantitative Collective Goal on finance (NCQG) e sarà, probabilmente, una delle cifre simboliche più importanti della COP29.
Durante questa prima settimana di lavori, la Conferenza ha deciso di istituire un nuovo mercato globale del carbonio, in cui i carbon credits potranno essere scambiati in un mercato che ora avrà come autorità regolatrice direttamente la Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico, che lo regolamenterà tramite un Supervisory Body. A questo mercato potranno partecipare sia imprese private che Stati nazionali per bilanciare la somma tra emissioni prodotte ed emissioni assorbite. Nonostante il diffuso consenso raggiunto, vi sono molte preoccupazioni sul successo a lungo termine della decisione adottata. La sfida più grande consisterà nell’evitare che gli errori compiuti finora nel mercato delle compensazioni carboniche (carbon offsets) vengano ripetuti sotto l’egida delle Nazioni Unite.
Un accordo sulla finanza climatica probabilmente ci sarà, ma verosimilmente rimarrà il tema del gap tra necessità reali e scala dei finanziamenti e la vera questione riguarderà chi avrà accesso ai benefici di questa transizione e chi, invece, ne rimarrà escluso. I negoziati, al momento, sono in stallo su molti aspetti chiave, dalla divisione degli oneri finanziari al ruolo del settore privato e rimangono molti nodi da sciogliere sulla trasparenza, l’equa distribuzione delle risorse, la prevenzione del greenwashing e del land grabbing. Inoltre, a rendere ancora più fragili le negoziazioni, vi è l’attuale complessità e instabilità del contesto politico ed economico, aggravato dalle tensioni geopolitiche e da una crescente competizione internazionale. A ciò si aggiungano interessi nazionali divergenti, legati alle risorse energetiche e strategiche disponibili in ciascun paese, e differenze sostanziali nella vulnerabilità agli impatti del cambiamento climatico e nella capacità di contribuire alle soluzioni.
Ancora non è finita la COP29 e già si sta guardando alla COP30, che si terrà a Belém, in Brasile, con aspettative molto alte per una possibile accelerazione sulle azioni per la transizione climatica che, nonostante la forte espansione delle energie rinnovabili e delle tecnologie verdi, resta critica. Dani Rodrik, economista all’università di Harvard, in maniera piuttosto pessimistica, sostiene che la maggior parte degli obiettivi verso la neutralità carbonica difficilmente sarà raggiunta attraverso la cooperazione globale o le politiche convenzionali preferite dagli economisti e che, per quanto disordinato possa sembrare, un impegno non coordinato per l’azione climatica potrebbe essere il meglio che possiamo realisticamente sperare. A suo dire, è sempre più evidente che i singoli paesi avanzeranno con le proprie agende verdi, implementando politiche che meglio risponderanno ai loro specifici vincoli politici e di bilancio e il risultato sarà un mosaico di tetti alle emissioni, incentivi fiscali, politiche industriali verdi, supporto alla ricerca e sviluppo, con scarsa coerenza globale e talvolta con costi per gli altri paesi.
All’inizio dei lavori della COP29 a Baku, lungo le rive del mar Caspio, è stata posta una scultura di una balena spiaggiata a rappresentare simbolicamente i devastanti effetti del cambiamento climatico; speriamo davvero che tale installazione non diventi la rappresentazione plastica del destino della Conferenza sul clima.
Professoressa Sapienza Università di Roma
Excellent items from you, man. I have be aware your stuff
prior to and you’re simply extremely fantastic.
I really like what you’ve received right here,
really like what you are stating and the way by which you say it.
You’re making it entertaining and you still take care of to
stay it wise. I can’t wait to read far more from you.
This is really a terrific web site.
Interesting article I just read here on your blog, I am following your articles a few days and there is a lot of interesting information I liked.
Meu blog: story saver.net instagram
Great visuals in this post, they really boost the content.
Simply wish to say your article is as amazing. The clarity in your
post is just excellent and i can assume you are an expert on this subject.
Fine with your prmission let me to grab your feed to keep updated with forthcoming post.
Thanks a miullion and please carry on the rewarding
work. https://lvivforum.pp.ua/