Fondazione Marisa Bellisario

IL MIO 8 MARZO CON LE DONNE LIBICHE

Dopo le donne ucraine, afghane e iraniane, ho pensato a un modo “altro” di vivere e raccontare questo 8 marzo 2025. In questo numero leggerete contributi importanti e interessanti, a partire da quello della Ministra Roccella, sulle “nostre” donne: le italiane ma anche le americane e le europee, le lavoratrici e le leader. Io mi sono riservata un po’ di spazio a donne di cui poco sappiamo ma dalle quali ho ricevuto una grande lezione di volontà e determinazione: le donne libiche.

Confesso che la prospettiva di una missione a Tripoli mi lasciava perplessa. Da una parte c’era la fatica di un viaggio quasi impossibile – Roma/Tunisi/Misurata e da lì oltre due ore di macchina per la capitale libica – e qualche amica mi aveva scoraggiato dall’intraprendere il viaggio. Dall’altra c’era la curiosità di conoscere da vicino il Paese e soprattutto di incontrare le donne libiche. Ho capito di aver fatto la scelta giusta già durante il percorso per Tripoli: la Leptis Magna, una delle città romane più belle al mondo – colonne, teatri e terme, il Ninfeo e l’Anfiteatro, uno spettacolo mozzafiato – mi ha regalato emozioni che solo Roma può suscitare!! E una volta arrivati a destinazione, mi si svelava una città fiorente, moderna, piena di luci e di vita.

Il Women Global Investment WGIS è il motivo della mia missione. Un workshop sull’economia e sulle opportunità di business in Libia, finalizzato a generare partnership tra realtà imprenditoriali di 15 Paesi presenti. Due giornate intense, con numerosi incontri e confronti e l’intervento di tanti ministri, dall’economia alla giustizia.

Che la realtà libica sia molto diversa da come la immaginiamo dall’Italia me lo conferma il nostro Ambasciatore in Libia Gianluca Alberini, che ringrazio per il sostegno, per l’incontro con la delegazione italiana e per tutte le informazioni concrete fornite a chi vuole fare business in Libia. Al mio arrivo a Tripoli sono passati pochi giorni dal quattordicesimo anniversario della rivoluzione che nel 2011 ha portato alla caduta del leader Moammar Gheddafi. Da quegli eventi, che ne hanno cambiato la storia recente, la Libia è ancora alla ricerca di una difficile stabilità politica, divisa in due fazioni: il Gnu, riconosciuto a livello internazionale e che ha sede a Tripoli, e un’amministrazione rivale con sede a Bengasi che si rifiuta di riconoscere il primo ministro nominato nel 2021 attraverso un processo sostenuto dalle Nazioni Unite.

E proprio conoscendo la complessa situazione politica che stupisce la parvenza di stabilità e normalità che si ha non appena arrivati a Tripoli e ancor di più colpisce la forte volontà di cambiamento e crescita che si percepisce nel confronto con i rappresentanti istituzionali e con le donne libiche. È una lezione importante: la ricchezza da sola non garantisce la crescita. Perché la Libia ricca lo è, uno dei mercati energetici più promettenti al mondo. Una ricchezza che ha fatto prosperare corruzione e illegalità e che invece, nelle intenzioni dei miei interlocutori, vuole trovare sbocchi di prosperità duratura per tutta la popolazione. Il ruolo dell’Italia in questi anni è stato fondamentale in questa direzione e sempre più lo sarà.

Al centro di questo coacervo di potenzialità che cercano uno sbocco, di questo desiderio di lasciarsi alle spalle conflitti e violenze per costruire una società prospera e pacifica, ci sono loro, le donne. La loro partecipazione politica formale rimane limitata: sono poco meno del 17% nel parlamento nazionale e sono quattro le ministre su 18 membri dell’esecutivo, seppur in dicasteri importanti come la giustizia e le pari opportunità, entrambe presenti al summit. Ed è di pochi mesi fa la storica nomina della prima donna alla guida di una cittadina 160 chilometri a sud-ovest di Tripoli: fortemente contestata dagli uomini, lei non molla! Il segno di una strada certamente in salita ma che le donne libiche sono intenzionate a percorrere. D’altro canto, ci ricorda il console, in Libia il diritto di voto alle donne viene concesso solo nel 1973.

In questi anni, ho avuto il piacere e l’onore di conoscere due donne libiche. Alaa Murabit, a cui nel 2013 abbiamo consegnato il Premio Marisa Bellisario per il suo impegno a favore delle donne. E Nagia M. Essayed, che nel 2008 ha partecipato al nostro convegno dedicato alle donne nel Mediterraneo. Proprio in quell’occasione la professoressa dell’Università di Tripoli ci parlò dei grandissimi cambiamenti attraversati dalla società libica, del lavoro intrapreso dai governi per incoraggiare le donne e favorire una pari partecipazione alla vita sociale, economica e politica ma al contempo dei tanti ostacoli a una compiuta emancipazione femminile.

Un’emancipazione che sta provando a radicarsi nel tessuto economico e attraverso la formazione. Le donne sono quasi il 46% della forza lavoro ma, ancora più importante, la percentuale della popolazione di età pari o superiore a 25 anni con almeno un’istruzione secondaria è del 70,5% tra le donne. Sappiamo che, ancor di più nel mondo arabo, è l’istruzione la chiave dell’indipendenza femminile. In Libia le donne studiamo, e possono farlo, più e meglio degli uomini.

Forse viene da qui la volontà di prendere in mano le redini del proprio destino e di quello del loro Paese, che offre alle aspiranti imprenditrici opportunità senza precedenti, sostenute anche da una crescente apertura verso le imprese estere e da una forte collaborazione economica con Paesi come l’Italia.

Il governo, dice nel suo intervento il Ministro dell’Economia, è pronto a sostenere le donne attraverso la Banca libica ma c’è bisogno di leggi che ancora non esistono per consentire loro di andare avanti: “le norme sono importanti perché aprono strade nuove”. Si riconosce il loro ruolo nei progressi fatti dalla società libica in questi anni e c’è forte la consapevolezza dell’importanza del loro contributo per cambiare pagina e scrivere un nuovo capitolo della storia libica. Si parla apertamente dei problemi che sussistono – imprese che chiudono dopo poco per assenza di studi di fattibilità, per esempio – ma si racconta della rilevante presenza femminile nei consigli direttivi delle Camere di Commercio. Le banche, in questo percorso, hanno un ruolo cruciale, quelle pubbliche sono già il 77% e si sta lavorando per la loro digitalizzazione. C’è molto interesse per la componente tecnologica dei finanziamenti e si esprime la volontà di creare una cassa di credito per lo sviluppo dei progetti femminili. Il settore dell’energia potrebbe essere il primo catalizzatore di sviluppo: sebbene solo l’11% delle donne ricopra posizioni di leadership nel comparto, le energie rinnovabili potrebbero cambiare le carte in tavola, con il 40% di donne già impiegate nell’industria solare. Così come la trasformazione digitale viene vista come un potente acceleratore e un’opportunità di crescita e per questo si pone l’accento sull’importanza di programmi di formazione, anche tecnica, e di iniziative di network e mentorship per condividere esperienze e fare rete. Si arriva a dire che “l’Islam appoggia le donne” e che il “90% degli uomini libici le sostiene”. Ascolto con scetticismo e penso anche che nel corso di tutto il summit mai si è fatto cenno a una tema come la violenza di genere ma ho fiducia nella determinazione che ho toccato con mano nelle donne conosciute, loro sanno che la lotta per il loro diritti deve continuare.

L’impressione è quella di un gran fermento, che va guidato e sostenuto. Sono tante le voci che confermano la necessità di una visione economica chiara, di una diversificazione al di là del settore degli idrocarburi e di meccanismi più efficaci per contrastare la corruzione. Ma è incoraggiante l’apertura all’aiuto, soprattutto in termini di know how, dall’estero. Così come l’interesse su quanto, in tema di diritti femminili, avviene in occidente. C’è una generazione di donne istruite, pronte a cogliere le opportunità e a lasciarsi alle spalle un passato di diritti negati e di una cultura che le voleva in posizione subordinata. Donne decise a contare nella discussione pubblica e muovere i primi passi sul mercato. Donne che vogliono e chiedono visibilità e leadership. Ma soprattutto donne che hanno a cuore un Paese che amano e dove vogliono costruire un futuro di progresso.

1 commento su “IL MIO 8 MARZO CON LE DONNE LIBICHE”

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