di Annamaria Terremoto*
Per la prima volta il vocabolario Treccani dà pari dignità alle forme femminili e maschili
«Più una persona è colta, più è semplice». Non ha dubbi Valeria Della Valle, nota linguista italiana, figura di spicco dell’Accademia della Crusca e autrice di numerosi saggi e libri. È la prima donna ad aver diretto per Treccani l’edizione del 2018 del vocabolario della lingua italiana e, poi nel 2022, condiretto ancora, con lo storico della lingua Giuseppe Patota, la versione aggiornata del vocabolario Treccani dove ha spiegato come i nostri modi linguistici siano mutati nel raccontare il femminile attraverso una nuova visione di società. L’impegno è promuovere la parità di genere e l’inclusione.
Di qui nasce la sua rivoluzione, sfidando regole e convenzioni, “registrando” aggettivi e sostantivi, prima al femminile e poi al maschile, e lo fa in successione alfabetica. Per la prima volta un vocabolario dà pari dignità alle forme femminili e maschili. Una decisione che rappresenta un importante passo avanti verso la parità di genere nella lingua italiana.
Pensieri, idee, sensazioni su questioni linguistiche emergono in una illuminante conversazione con Valeria Della Valle, in occasione di un incontro del Civitan Club Roma.
-Allora, Della Valle, le donne sono più libere linguisticamente?
Rispetto al passato sono sicuramente più libere di usare un linguaggio paritario: si sono liberate di pudori, stereotipi e conformismi che per secoli le hanno obbligate al silenzio e a non potersi esprimere con libertà.
-I nostri modi linguistici sono cambiati nel raccontare il femminile. Prendiamo la parola sessismo: c’è ancora una sorta di discriminazione, una ingiustizia linguistica contro le donne?
Soprattutto nel linguaggio burocratico, aziendale, ministeriale, la lingua continua a essere declinata al maschile, come se i ruoli (soprattutto quelli direttivi) avessero valore solo se declinati al maschile. Ma le cose stanno cambiando e continueranno a cambiare in futuro.
-C’è un problema grammaticale molto attuale che riguarda le forme da usare per indicare cariche riferite a donne. Come dobbiamo indicare una donna ministro, una donna magistrato e il presidente?
I pareri sono contrastanti solo perché ci si rifiuta di accettare parole grammaticalmente corrette ma usate di meno perché le donne sono arrivate più lentamente degli uomini a ricoprire quelle cariche. Termini come ministra, magistrata, sindaca sono ineccepibili. E una donna che ricopre il ruolo di presidente deve essere definita e autodefinirsi la presidente, non il presidente.
-La parola del 2024 per Treccani è “Rispetto”. Si riconosce l’importanza di questo termine nella società contemporanea. Una parola usata fin troppo poco, vero?
Proprio perché è usata poco, come atteggiamento di attenzione e riguardo verso gli altri, abbiamo proposto “rispetto”. La scelta ha avuto una grande risonanza: è stata citata come parola dell’anno Treccani dal Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno, ed è stata al centro di un discorso di Papa Francesco, il I° gennaio 2025, per la giornata mondiale della pace.
-Cosa ne pensa dell’IA? Quali le opportunità?
Sicuramente l’IA offre nuove opportunità, soprattutto nella tecnica e nella scienza. Si tratterà di farne buon uso, rispettando l’etica: non a caso è stato coniato il termine “algoretica”, per indicare l’etica degli algoritmi.
-Nel cambiamento in corso c’è anche la lingua inglese sempre più diffusa. Si usano espressioni inglesi a volte per un inutile sfoggio, anche se l’inglese è necessario. Cosa ne pensa?
In molti casi si tratta di uno sfoggio inutile e di un esibizionismo provinciale. Altre volte le parole inglesi sono necessarie e indispensabili, per esempio nel campo dell’informatica e della tecnologia. Trovo preoccupante la diffusione di corsi universitari di ambito scientifico impartiti solo in lingua inglese: se questa abitudine continuasse a diffondersi, le nuove generazioni di laureati rischierebbero di perdere la competenza della lingua scientifica italiana.
-Lei è nata a Roma in via Margutta che poi sarebbe il titolo di un suo libro “La strada sognata”. Ancora oggi vivere lì è sinonimo di cultura?
Lo escludo. Quella strada, come tutto il centro storico, è da molti anni simbolo di potere economico, sede di negozi e catene commerciali. La memoria della cultura e dell’arte nata in quell’ambiente è stata cancellata e sostituita da altri valori. Per questo ho cercato di conservarne il ricordo in un libro.
-Lei ha detto che la lingua italiana non ha bisogno di eccessi di aggettivi perché è bellissima anche nella sua estrema semplicità. È così?
Sì, ne sono convinta: basti pensare alla lingua usata da una grande scrittrice come Natalia Ginzburg: esempio di lingua semplice che riesce a raccontare e a trasmettere sensazioni senza eccessi di aggettivi e di giri sintattici.
-Posso chiederle qual è la sua parola preferita?
L’aggettivo “affidabile” mi piace molto, perché rappresenta quello che cerco di essere: “affidabile” in tutti i sensi.
-Per parlare un italiano perfetto arriva una piccola guida utile a tutti coloro che hanno un dubbio linguistico. Si tratta del suo ultimo libro “La lingua Verde” scritto con Giuseppe Patota. Un vademecum contemporaneo per amare l’italiano?
Sì, un aiuto a esprimerci meglio, risolvendo velocemente ogni dubbio ed evitando gli errori e le imperfezioni, sia parlando che scrivendo.
*Giornalista
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