di Rita Lofano*
Premessa metodologica: mai confondere le donne con il sesso debole. La politica è dura, soprattutto sulla scacchiera degli affari globali. E nel vortice delle attuali crisi internazionali, tra due guerre, in Ucraina e in Medio Oriente, e la riemersione dello scontro tra grandi potenze, spicca un elemento tanto evidente quanto poco dibattuto: è una scena dominata da uomini (Donald Trump, Volodymyr Zelensky, Vladimir Putin, Xi Jinping, Keir Starmer, Emmanuel Macron) che utilizzano retoriche che puntano solo sulla forza – declinata al maschile – e alimentano un pericoloso gioco dove non sembra mai possibile la conciliazione degli interessi. Ecco perché́ lo Studio Ovale è diventato il Grande Fratello dove Trump e Zelensky hanno dato spettacolo (pessimo) mentre parlavano dei destini del mondo; ecco perché́ a Downing Street abbiamo visto una sfilata di haute couture per soli uomini (con l’eccezione di Giorgia Meloni, Mette Frederiksen e Ursula von der Leyen).
Foto del G7, flash: l’unica donna capo di governo è Giorgia Meloni.
Non è un problema di mancanza di talento, quello abbonda, sono le occasioni che latitano. La storia dimostra come le donne alla guida dei governi abbiano saputo affrontare scenari bellici, prendere decisioni gravi mentre bisogna scegliere tra la vita e la morte. I risultati ottenuti sono stati spesso superiori a quelli dei loro colleghi maschi. Da Margaret Thatcher a Golda Meir, fino ad Angela Merkel e, oggi, Meloni, le donne al timone hanno dimostrato che il potere non è una questione di genere, ma di capacità, resistenza longue durèe.
“Non posso dire se le donne siano migliori degli uomini, ma posso dire che di certo non sono peggiori”, osservò Golda Meir, primo ministro donna di Israele tra il 1969 e il 1974. Meir, definita la “Lady di ferro di Israele” prima che Thatcher si guadagnasse lo stesso appellativo, ha guidato il suo Paese durante la guerra dello Yom Kippur del 1973. La sua tempra fu un’incrollabile testimonianza di leadership forgiata nell’azione e nella saggezza della donna. Fu lei a ordinare la missione per eliminare i terroristi del massacro di Monaco nel 1972. Fu una caccia all’uomo senza limiti di spazio e tempo.
Thatcher è uno degli esempi più̀ celebrati (immaginiamo cosa volesse dire per una donna inglese fare politica negli anni Settanta, come rappresentante del partito conservatore, composto unicamente da uomini). Nel 1982, il suo governo affrontò l’invasione argentina delle isole Falkland, rispondendo con un’operazione militare che si concluse con la vittoria del Regno Unito. Vi furono perdite, momenti tragici. La fermezza di Thatcher rafforzò il suo carisma, dimostrando che la leadership femminile non esitava di fronte ai cannoni. “Fai attenzione alle tue parole, diventeranno le tue azioni”, era il suo motto. E azione fu.
Angela Merkel, cancelliera tedesca per oltre 16 anni, non ha condotto guerre in senso stretto, ma ha gestito emergenze globali, una crisi profondissima dell’Euro, l’aggressione russa in Crimea nel 2014 e un rapporto con Mosca che si basava sullo scambio tra gas e sicurezza, un patto poi tradito da Vladimir Putin. La leadership di Merkel oggi viene criticata, ma con il senno di poi si fanno e disfano mondi che non sono la realtà̀ dell’istante in cui decidi. La severità̀ con cui viene giudicata Merkel è sospetta, facile criticare la leadership femminile, difficile riconoscerle il dono dell’equilibrio in un mondo alla nitroglicerina. Il comando non è quello che sfascia, ma quello che tiene insieme gli inconciliabili. Si chiama strategia del contenimento e Merkel questo l’ha fatto.
Giorgia Meloni oggi è l’unica leader femminile di peso nell’attuale scenario internazionale, ha un ruolo chiave nella geografia politica europea, una ‘strategia del ponte’ tra Washington e Bruxelles. La sua leadership è donna perché́ assertiva, mai remissiva. Emmanuel Macron l’ha invitata a “fare come Mario Draghi”, ma proprio questo è il punto debole del pensiero maschile, la spia che nel presidente francese c’è un pre-giudizio: Meloni farà quello che pensa, come donna e leader, non come clone di un uomo.
Dopo la premessa, serve la conclusione: esiste una leadership al femminile? Sì, se non diventa un recinto e uno stereotipo, la donna empatica, che sa ascoltare, mediatrice ma sempre una che passa per caso, un incidente della storia, perché́ il retro-pensiero è che la leadership è una cosa da uomini. Una narrazione esausta. Cinque anni fa la regina Elisabetta II, ammirata anche da Trump, ci consegnò la sua grande eredità politica con lo storico discorso alla nazione durante la pandemia (“Uniti ce la faremo, ci rincontreremo di nuovo”). Ero negli Stati Uniti, e il suo intervento fu di una tale forza che una grande firma americana del giornalismo mi disse: “È la regina di tutti”. Questa è la leadership
*Direttore AGI Agenzia Giornalistica Italia
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grazie di mail,post,,come politico fai da me io,a gratisse,,e cronista da ikea,,,etc trovo,,oggi,,il,ruolo,delle donne lobbistizzato,da uomini,,,,che hanno perso una antica cultura o,,magia,,,,vedere donne in carriera con vestiti sempre più,,da maschia,,,e coppie solo,,,al femminile,,,etc non ha risolto,,le nostre battaglie dc anni 70,,,etc,,oggi,,non cè,,lavoro,,,per le donne ,,pagate meno da uomini,,,ma con mansini superiori,,,,sfruttamento,non si fà,,figli,,il sesso e un optionals o si fà,,su internet o,onlinee,,mi,e successo a mia con una nota politica e presenta attrice,,ma non sono il,solo,,non mi,lamento,,che ho,71 anni sono,scapolo,,o,single come 8,milioni di uomini,o,,donne,,forse tornare a esseri umani,,uomo donna amore famiglia bè,,lo,sò,,sono,un rin cogl,,,dc dc,,,grazie,
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