di Carla Vittoria Maira*
Simone de Beauvoir affermava che maschio e femmina si diventa, non si nasce. In realtà maschi e femmine sono diversi dal momento in cui sono nel grembo materno. Le conoscenze scientifiche oggi ci parlano di meccanismi diversi ormonali, genetici, cellulari e subcellulari. Maschi e femmine si ammalano anche diversamente, con differenze nei sintomi, nei percorsi diagnostici, nelle esigenze terapeutiche, nell’efficacia dei farmaci. E questo non si riferisce solo a malattie specifiche del sesso; per ogni malattia è importante sapere come si presenta, evolve e risponde alle terapie, nell’uomo e nella donna, quali dovrebbero essere le linee guida e quali sono i differenti fattori di rischio per consentire la prevenzione. Tuttavia, la salute delle donne è ancora legata principalmente a ciò che sappiamo per il sesso maschile. Le differenze non hanno ricevuto adeguata attenzione dalla ricerca medica e farmacologica; e le cose non vanno meglio negli studi clinici: quando le donne sono presenti, sono in minoranza. Negli ultimi anni, tuttavia un’attenzione sempre maggiore è stata riservata alla medicina di genere. Ma resta ancora molto da fare.
La Fondazione Atena, con Atena Donna che ho ideato e presiedo, ha ottenuto un grande risultato nel 2015, l’istituzione, da parte del Governo italiano, della Giornata Nazionale della Salute della Donna, il 22 aprile, data di nascita di Rita Levi Montalcini. Questa Giornata vede un rilevante impegno di tante associazioni; e molti ospedali in tutta Italia organizzano screening gratuiti per le donne e tavole rotonde. Abbiamo chiesto di istituire una Giornata Nazionale per la salute della donna, e non per la medicina di genere, perché credevamo fosse giunto il momento di stimolare l’interesse scientifico, e quello della società, verso la medicina femminile, fare luce sulla questione ed evidenziare come il genere femminile fosse ancora penalizzato, sia nel campo sanitario che della ricerca scientifica. Pensiamo che sia estremamente importante sviluppare una cultura che riconosca le specificità della donna e le includa nella pratica medica, consentendo così di superare il divario che ha penalizzato le donne per tanti anni.
Un altro aspetto di estremo interesse della medicina di genere, per le ricadute sociali che può avere, è la longevità.
Grazie al progresso della scienza, le società invecchiano e l’aspettativa di vita media aumenta. In Italia gli anziani, cioè la popolazione con 65 anni o più, ha raggiunto, nel 2020, 14 milioni, pari al 23% del totale. Le donne sono circa 7,8 milioni e rappresentano il 53% dei soggetti di questa fascia di età. L’aumento dell’aspettativa di vita vede oggi un vantaggio per le donne di poco più di 5 anni. Purtroppo, molto spesso, i loro anni di vita in più e i loro anni di longevità sono gravati, più del sesso maschile, da disabilità e da malattie tumorali, cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, autoimmuni e neurologiche, oltre che dalla scarsa qualità di vita. Tutto ciò ha un impatto molto importante sulla società e sulla spesa sanitaria nazionale. Se non vogliamo che i sistemi di welfare, in Italia e nel Mondo, crollino nel giro di pochi decenni, di fronte alla pressione insostenibile di milioni di anziani bisognosi di sempre più cure e assistenza, la longevità e il benessere delle persone deve trasformarsi in una sfida collettiva di visione sociale e politiche pubbliche. Proprio per questa longevità malata, occuparsi della medicina femminile, comprendere le cause della fragilità delle donne nell’ultimo periodo di vita e definire adeguati protocolli di prevenzione, nonché migliorare il loro benessere in età adulta, farebbe bene alla società nel suo complesso, rendendo sostenibile il nostro SSN. Investire maggiori risorse nel campo della prevenzione e garantire che le donne seguano corretti stili di vita e protocolli di prevenzione per le principali malattie, significherebbe aver gettato le basi di una grande rivoluzione culturale.
*Presidente Atena Donna
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