Ragionavo sull’argomento a cui dedicare questo mio ultimo editoriale del 2024, un anno intenso per noi, per il Paese, per il mondo. Pensavo di fare un bilancio sulle nostre tante iniziative, sui tanti traguardi raggiunti in giorni difficili, su una battaglia, quella per la parità, che rischia di essere distratta da tante e continue emergenze e che invece è sempre più funzionale ad affrontarle e vincerle. Poi mi sono imbattuta nella notizia della parola dell’anno per Treccani, “rispetto”, e non ho avuto dubbi. Anche perché è una parola che illumina il nostro cammino, quello già percorso e quello da attraversare e che contiene in sé la visione di un futuro su cui continueremo a lavorare.
La Treccani definisce il rispetto come un «sentimento e atteggiamento di stima, attenzione, riguardo verso una persona, un’istituzione, una cultura, che si può esprimere con azioni o parole». E, ancora, quel sentimento «che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità e la personalità stessa di qualcuno, e quindi ad astenersi da ogni manifestazione che possa offenderli».
Non farò una lettura “femminista” del termine ma è inevitabile pensare a noi. A quanta mancanza di “rispetto”, inteso non in senso blando ma con questa accezione, ci sia alla base di quotidiane e radicate discriminazioni che ci colpiscono, nella vita privata e in quella pubblica. A quanta assenza di rispetto ci sia alla base della violenza esercitata quotidianamente. Nei confronti delle donne prima di tutto ma anche di chi è “diverso”, delle minoranze e pure delle istituzioni, come chiariscono gli stessi condirettori del Vocabolario Treccani – un uomo e una donna e forse sarà anche questa la ragione della scelta.
Le parole hanno un senso, un peso e troppo spesso lo ignoriamo o dimentichiamo. Se fossimo più attenti, anche a scapito di quella velocità che abbiamo elevato a valore assoluto – e a cui, volenti o nolenti, educhiamo in nostri figli –, ne beneficeremmo tutti, individui e società. Rispetto, per esempio, deriva dal latino “respicere” che, letteralmente, significa guardare di nuovo, guardare indietro, cioè richiama il dovere di non cedere alla smania del giudizio immediato figlio dell’emotività. Guardare alla storia delle persone, alla loro interezza, non nemici da combattere ma alleati nella ricerca di una verità che può essere soggettiva e non per questo meno degna. E quindi rifuggire quella superficialità con la quale, sempre più spesso, siamo soliti etichettare cose e persone. Rispettare chi ci sta accanto significa riconoscerne l’individualità e l’opinione e quindi la libertà. Significa non essere indifferenti ma prendersi cura dell’altro – che sia un individuo diverso da noi ma anche qualcosa che non ci appartiene singolarmente, patrimonio di tutta la comunità. Significa astenersi dall’aggressività, dal tentativo di imporre sè stessi e le proprie idee e di disprezzare quelle altrui.
Treccani auspica che la parola “rispetto” venga posta al centro di ogni progetto pedagogico, fin dalla prima infanzia, per poi diffondersi nelle relazioni tra le persone, in famiglia e nel lavoro, nel rapporto con le istituzioni civili e religiose, con la politica e con le opinioni altrui. Io aggiungo che credo, e spero, contenga anche in sé un auspicio per l’anno che verrà. Facciamone memoria, non dimentichiamola. Siamo immersi in un brodo di violenza quotidiana. Le continue notizie e immagini dei conflitti, la cronaca delle piccole e grandi violenze rischiano di provocare un’assuefazione e contaminare il nostro quotidiano. E lo fanno già, basta pensare all’odio che circola impunemente sui social.
La convivenza pacifica, nel rispetto e nell’ascolto, deve tornare a essere il traguardo. In tutti gli ambiti, in tutte le relazioni, quelle tra i potenti del mondo, quelle tra vicini di casa, quelle tra persone dello stesso genere e di generi diversi, quelle tra concittadini e tra cittadini di un mondo con credenze e tradizioni agli antipodi.
Il Cambridge Dictionary ha scelto come parola dell’anno “manifest”, spiegandolo così: «Immaginare di realizzare qualcosa che si desidera, nella convinzione che così facendo si aumenteranno le probabilità che ciò accada». Nient’altro che “Il coraggio di sognare, la forza di cambiare” che ha ispirato la 24 ª edizione di Donna Economia & Potere. Ecco, mi piace concludere il 2024 pensando che la via sia questa: sognare una comunità che cresce insieme nel rispetto, nell’ascolto, nell’inclusione, nel rigetto di ogni indifferenza può – e deve – far sì che accada. Noi ci crediamo e continueremo a seminare.
Buone Feste e Buon 2025.
Come non essere d’accordo.
Il rispetto di sé, dell’ altro, di tutti gli esseri senzienti , del pianeta insomma della vita in tutte le sue manifestazioni unito all’ esercizio dell’ ascolto.
Un’esigenza imprescindibile se davvero vogliamo che il termine civiltà abbia ancora un senso .
Auguriamoci un mondo più giusto.
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