di Francesco Vaia*
Dalla splendida Madonna del latte di Ambrogio Lorenzetti alle antiche rappresentazioni della dea Iside intenta ad allattare il figlio Horus, da cui derivò poi il motivo iconografico della Virgo lactans, l’allattamento al seno è, da sempre, tema amatissimo dalla venerazione popolare per la sua capacità di tradurre il tema teologico nel vissuto quotidiano.
Un gesto antico quanto l’umanità quello dell’allattamento al seno e, anzi, ad essa preesistente, tanto da essere all’origine della parola “mammifero”, che indica la classe di vertebrati caratterizzata proprio dall’allattamento della prole.
Un gesto la cui importanza per la salute, sia della madre che della bambina o del bambino, siamo oggi in grado di conoscere nel dettaglio grazie al progresso scientifico. Sono note le proprietà nutritive del latte materno e l’effetto protettivo e preventivo rispetto a diverse malattie che riconoscono un substrato autoimmune, come ad esempio l’asma ed il diabete giovanile, oltre al ruolo fondamentale per l’immunizzazione nei confronti delle malattie infettive. Le proprietà benefiche dell’allattamento si estendono, e questo è meno noto, anche alla madre, contribuendo a ridurre il rischio di sviluppare tumori dell’utero e della mammella (si stima addirittura che il rischio di tumore al seno si abbassi del 4% per ogni anno di allattamento!).
Alla luce di ciò, dopo anni di sviamenti scientifici dettati da una pur comprensibile esigenza di protezione estetica del proprio corpo, l’allattamento al seno va osservato con gli occhi maturi del nostro tempo e, liberi da pregiudizi di ogni genere (anche ideologici), considerato per quello che è: una tappa fondamentale di prevenzione nella vita della persona. Un vero, profondo atto di amore.
L’allattamento è la prima tappa del “calendario della salute”, ideale percorso di prevenzione che accompagna il cittadino lungo tutto il corso della vita e che include anche le immunizzazioni (pediatriche, dell’adolescenza e dell’adulto, incluse quelle propedeutiche alla gravidanza) e gli screening, e che vede quasi sempre la donna protagonista, anche in considerazione del ruolo strategico e cruciale che essa ha nella società per l’adozione di corretti stili di vita.
Dai dati italiani (Istat e PASSI, tra gli altri) emerge infatti come le donne abbiano generalmente una maggiore attitudine ad adottare comportamenti e stili di vita salutari rispetto agli uomini e una maggiore attenzione per la promozione della salute, che si esplica anche in un maggiore ricorso agli screening e ad altre misure di prevenzione.
Una maggiore maturità e consapevolezza che legittimano la potenzialità delle donne quali “driver” della prevenzione nella nostra società e, quindi, della connessa sostenibilità del servizio sanitario nazionale.
Un ruolo che si somma a quello già universalmente riconosciuto di “cerniera” tra i vari attori, come la scuola e la famiglia, che con la sanità formano la “triplice alleanza” che connota e sostanzia la visione olistica e di sistema, oggi da tutti invocata. Un’alleanza che non può che essere guidata dalle donne, nonostante l’enorme ostacolo, ancora presente purtroppo, della disuguaglianza di genere.
Ho sottolineato non a caso in premessa l’importanza dell’allattamento: in un Paese come l’Italia, dove secondo i dati Istat è proprio la maternità a pesare sulla possibilità per le donne di trovare un lavoro e mantenerlo, rafforzare le politiche a tutela della maternità avrebbe ripercussioni positive anche sulla salute dei cittadini, oltre a quelle sull’andamento demografico che, come più volte denunciato, ci vede sempre più “Paese per vecchi”.
Non possiamo e non dobbiamo allora più permettere che nella vita di una donna la scelta della maternità confligga con quella altrettanto giusta e necessaria della propria realizzazione professionale.
È un impegno di civiltà, un comandamento per tutti noi, un dovere per la politica.
* Direttore generale della Prevenzione sanitaria