Fondazione Marisa Bellisario

ITALIA E AFRICA: COSTRUIRE IL FUTURO ATTRAVERSO IL PIANO MATTEI

di Rebecca Bottaini*

Il Piano Mattei per l’Africa, adottato tramite DPCM il 7 ottobre 2024, rappresenta un piano d’azione strategico promosso dal Governo italiano con l’obiettivo di rafforzare i rapporti con il continente africano, incrementando al tempo stesso sviluppo, occupazione, innovazione e benessere negli Stati coinvolti.

I temi principali su cui si concentra il Piano sono istruzione e formazione, sanità, acqua, agricoltura, energia e infrastrutture (sia fisiche che digitali).

Il Piano è stato strutturato in due fasi operative: nella prima, sono stati avviati progetti pilota nei quadranti subsahariano e nordafricano, coinvolgendo Paesi come Egitto, Tunisia, Marocco, Algeria, Kenya, Etiopia, Mozambico, Repubblica del Congo e Costa d’Avorio. La seconda fase ha poi esteso il raggio d’azione ad altre Nazioni, tra cui Angola, Ghana, Mauritania, Senegal e Tanzania, con l’obiettivo di consolidare i risultati iniziali e ampliare progressivamente l’impatto del Piano su scala continentale.

Da osservatori esterni, è lecito chiedersi quali motivazioni abbiano spinto l’Italia a investire così intensamente nel continente africano e a dar vita a un piano strategico che, come recita il documento ufficiale pubblicato sulla Gazzetta dello Stato, mira a «garantire ritorni – economici e sociali – destinati a rimanere sul territorio e costituire una leva stabile di risorse per successive espansioni».

In realtà, il continente africano presenta potenzialità enormi, ancora in gran parte inespresse, a partire dalla forza lavoro: l’età media della popolazione africana è di appena 19 anni, mentre in Italia si attesta intorno ai 42 anni. Inoltre, la popolazione africana è destinata a raddoppiare entro il 2050. Tuttavia, persistono gravi criticità: un giovane su quattro è disoccupato, la mortalità materna colpisce ancora 20 Nazioni, il 40% della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e 870 milioni di africani soffrono di insicurezza alimentare. Problematiche di questa portata compromettono la qualità della vita e il benessere non solo delle singole comunità, ma dell’intero continente.

È evidente che, senza risolvere prima i problemi strutturali di base – garantendo accesso ad acqua, cibo, sanità, istruzione e lavoro – sarà impossibile creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile. È proprio su queste priorità che si concentra l’intervento del Piano Mattei, ispirato ad una delle figure emblematiche dello sviluppo industriale ed energetico dell’Italia del dopoguerra e che si distingueva per un approccio che ora chiameremmo “win-win” nelle relazioni con i paesi partner. Il “metodo Mattei” nelle relazioni internazionali si proponeva di costruire dialoghi costruttivi e rapporti di partenariato più equilibrati, affinché gli investimenti generassero anche ricadute positive in termini di sviluppo locale.

Ed è per questo che tra i progetti già avviati rientrano iniziative per il miglioramento dell’accesso all’acqua potabile, di sostegno all’istruzione primaria e al sistema sanitario, programmi di formazione tecnica e professionale per i giovani, interventi di potenziamento delle reti energetiche e investimenti in infrastrutture digitali, pensati per favorire la crescita economica e ridurre le disuguaglianze nei territori coinvolti.

Alla luce di ciò, risulta più chiara la scelta di adottare un approccio “bottom-up”, collaborativo e condiviso, in alternativa al tradizionale modello donatore-beneficiario, giudicato iniquo e spesso fallimentare.

Il Piano punta a valorizzare le esigenze espresse direttamente dalle Nazioni africane, senza imporre progetti o soluzioni dall’alto, ma fornendo strumenti concreti per sostenere uno sviluppo autonomo, duraturo e capace di far maturare pienamente le potenzialità del continente. Si tratta di un modello che richiede un coinvolgimento diretto e costante con le Nazioni coinvolte, attraverso la condivisione di tecnologie innovative e il trasferimento delle competenze necessarie (know-how), così da accrescere il capitale cognitivo delle risorse umane locali, costruendo un rapporto di collaborazione reciproca e favorendo uno sviluppo più equilibrato.

I risvolti futuri di questo progetto appaiono promettenti e carichi di novità: sono in fase di elaborazione nuove pianificazioni e collaborazioni, soprattutto tra enti privati e pubblici, sia italiani che africani.

Dopo una prima fase concentrata principalmente sul miglioramento delle condizioni di vita della popolazione africana, affrontando le criticità più urgenti, ora l’obiettivo si amplia verso la costruzione di uno sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla realizzazione di green cities e alla riqualificazione urbana. Si tratta di creare soluzioni innovative per permettere alle comunità di vivere in contesti più ecologici, resilienti e orientati alla sostenibilità ambientale.

Tra i progetti in programma vi è la realizzazione di un Hub di Intelligenza Artificiale per lo Sviluppo Sostenibile, anche come impegno che dà seguito alla Presidenza italiana del G7. Inoltre, Eni avvierà la produzione di biocarburante in Kenya; la FAO (Food Agriculture Organisation) ha promosso un piano per la creazione di green cities; in Tunisia è stato sviluppato un nuovo modello di gestione delle acque reflue che mira inoltre a tutelare l’accesso all’acqua potabile, mentre si stanno consolidando nuovi ecosistemi digitali attraverso l’adozione di strumenti di green finance.

Questi sono solo alcuni esempi dei progetti già in corso, e rappresentano l’inizio di un percorso ancora giovane, che lascia intravedere sviluppi importanti.
Sarà il tempo a dirci quali nuove opportunità nasceranno da questo Piano e da una cooperazione sempre più stretta tra Italia e Africa.

*Università di Bologna

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1 commento su “ITALIA E AFRICA: COSTRUIRE IL FUTURO ATTRAVERSO IL PIANO MATTEI”

  1. Pur comprendendo la speranza che un diverso approccio con i paesi in via di sviluppo sia necessario, è ormai palese a tutti gli operatori di cooperazione internazionale, che il Piano Mattei è una nuova forma di colonizzazione nascosta.
    Le risorse non ci sono e vengono prese da ministeri, quali quello dell’Ambiente, che avrebbe potuto impegnarle su temi urgenti legati al cambiamento climatico.
    Le Associazioni che operano in questi paesi da anni, sono tutte molto critiche, poichè si vuole imporre dall’alto soluzioni che potrebbero essere affrontate con chi ha maggiore esperienza e relazione con queste popolazioni. Relazioni basate sul rispetto reciproco e non sullo sfruttamento altrui.

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