Fondazione Marisa Bellisario

IL 2024: UN ANNO DI ALLARME CLIMATICO GLOBALE

di Anna Rita Germani*

Il 2024 verrà ricordato come l’anno più caldo mai registrato a livello globale, il primo in cui la temperatura media globale ha superato di 1,5°C il livello preindustriale. Questo dato, certificato dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus, rappresenta un campanello d’allarme per il mondo intero. Ma mentre il cambiamento climatico accelera, le risposte politiche ed economiche rimangono inadeguate, intrappolate in una teoria economica che considera l’ambiente come una risorsa separata dall’economia, relegando l’inquinamento e il degrado ambientale a mere “esternalità” o “fallimenti del mercato”. Questo errore concettuale è evidente nelle risposte nazionali e internazionali alla crisi ambientale: sviluppo di tecnologie pulite, efficienza energetica, tassazione ambientale, sussidi e decarbonizzazione pur essendo passi indispensabili, rappresentano solo il livello minimo degli obiettivi di sostenibilità.

Questa visione ignora due realtà fondamentali: il capitale naturale non è sostituibile con il capitale artificiale, e la crescita economica senza sviluppo promuove profonde disuguaglianze in termini di opportunità, accesso alle risorse e reddito. Inoltre, la teoria economica dominante considera la crescita come un processo di equilibrio, ignorando le leggi della termodinamica e la finitezza delle risorse naturali. Come sottolinea il noto economista Steve Keen (2023), i modelli economici tradizionali non integrano il ruolo delle risorse energetiche e per questo non sono in grado di spiegare adeguatamente fenomeni come le crisi economiche o i limiti fisici alla crescita.

In teoria, il mercato ideale permette una comunicazione indiretta continua tra consumatori e produttori, portando alla migliore allocazione delle risorse. I consumatori esprimono le loro preferenze attraverso i prezzi che sono disposti a pagare, mentre i produttori trasmettono i loro costi attraverso i prezzi che fissano. Tuttavia, i produttori comunicano solo una gamma ristretta di costi, escludendo quelli sociali e ambientali; il prezzo della benzina, ad esempio, non riflette i costi associati ai danni climatici come l’intensificazione degli incendi che subiamo a causa del riscaldamento globale. Un altro limite del mercato è l’incapacità di incentivare le imprese a produrre o proteggere beni pubblici, come parchi o servizi ecosistemici fondamentali, quali il ciclo dei nutrienti, la formazione del suolo, la creazione di ossigeno e un clima vivibile. Tutta questa incompletezza distorce le scelte dei consumatori, spingendo verso consumi insostenibili e nascondendo le conseguenze reali delle decisioni economiche. Una maggiore consapevolezza sullo stato dell’ecosistema potrebbe promuovere scelte informate tra produttori, consumatori e governi, incoraggiando azioni collettive per intraprendere strade nuove, abbandonando percorsi consolidati ma insostenibili.

Per evitare un disastro climatico irreversibile, è necessario un cambiamento sistemico nell’economia che richiede un aumento record della produzione di energia da fonti rinnovabili (consentendoci di affrancarci dall’utilizzo delle fonti fossili e dalle relative dinamiche dei prezzi a livello internazionale in mercati, di per sé, fortemente speculativi), un’accelerazione nel ripristino degli ecosistemi e un incremento significativo dei finanziamenti per il clima e per la natura.

Come spiegano J. Galbraith e J. Chen (2025) nel loro recente e dirompente libro Entropy Economics: The Living Basis of Value and Production, è necessario ripensare radicalmente l’economia, integrandola con altre discipline come la biologia, la fisica e l’antropologia. La teoria del valore di Galbraith e Chen si basa sulla scarsità, tiene conto del potere dei monopoli, considera rendimenti crescenti e decrescenti, incertezze, investimenti fissi nel tempo e l’impatto dei costi crescenti delle risorse. Entropy Economics scarta le convenzioni della teoria economica tradizionale e presenta una nuova base per riflettere sulle questioni economiche in un mondo di disuguale cambiamento affrontando problemi chiave come il commercio, la finanza, l’energia, il clima, il conflitto e la demografia. In un mondo sempre più minacciato dal disordine, è davvero urgente ripensare la teoria economica e la regolamentazione, non solo per mettere al centro del processo decisionale economico e politico il benessere, il clima e la natura, ma anche per recuperare l’essenzialità dell’intervento statale per garantire la resilienza economica e affrontare i crescenti costi delle risorse, incentivando al contempo l’innovazione e la protezione dei beni comuni.

*Professoressa Sapienza Università di Roma

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1 commento su “IL 2024: UN ANNO DI ALLARME CLIMATICO GLOBALE”

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