Fondazione Marisa Bellisario

I DIRITTI NON SONO CONQUISTE IRREVERSIBILI

Tira una brutta aria in giro per il mondo e, purtroppo o per fortuna, oggi quel che accade dall’altra parte del mondo ci riguarda eccome.

Partiamo da Davos. In un appassionato discorso contro il “cancro dell’ideologia woke”, il presidente argentino Milei critica il femminicidio che, a suo parere, «legalizza in effetti che la vita di una donna vale più di quella di un uomo». Ventiquattro ore dopo, il suo governo annuncia che ne proporrà l’eliminazione dal codice penale sostenendo che l’attuale norma implica «una distorsione del concetto di uguaglianza che crea solo privilegi, mettendo metà della popolazione contro l’altra». «Elimineremo il concetto di femminicidio dal Codice penale perché questa amministrazione difende l’uguaglianza davanti alla legge sancita dalla nostra Costituzione nazionale. Nessuna vita vale più di un’altra», scrive su X il ministro della Giustizia, Mariano Cúneo Libarona.

In Argentina si scende in piazza, i quotidiani italiani invece si schierano: a sinistra gridano allo scandalo, a destra minimizzano – “una balla contro Milei”, si titola mentre Luca Ricolfi scomoda addirittura Martin Luther King per avvalorare i concetti di merito e uguaglianza tirati in ballo a sproposito dal presidente argentino. Nessun attacco ai diritti, quindi. Peccato che in un Paese dove si verifica un femminicidio ogni 35 ore (255 nel 2024, il numero più alto negli ultimi 12 anni), il presidente egualitario abbia cancellato il Ministero per le Donne e la Segreteria contro la violenza di genere, tagliando i fondi per la linea 144 dedicata alle denunce contro le violenze domestiche e i programmi destinati alle vittime. Quanto al reato di femminicidio -introdotto nel 2012 con la pena dell’ergastolo – l’intento è di declassarlo a omicidio semplice, con pene molto più blande. Ma sono solo dettagli.

Ora, il punto non è quando è se ciò avverrà – la modifica del codice penale richiede la maggioranza in Parlamento, che oggi Milei non ha ma che potrebbe avere se vincerà a mani basse, come si prevede, le elezioni legislative di fine anno. Il punto piuttosto è l’orientamento, il metodo, la propaganda. Il punto è l’ondata di regressione, la terrificante involuzione che non può e non deve trovaci indifferenti o ancor peggio complici.

Milei vuole cancellare gli ultimi 15 anni di conquiste in tema di diritti e ha come precedente illustre Putin che già nel 2017 depenalizzò i casi di violenza domestica che comportano «danni minori», come piccoli lividi e ferite superficiali. Perché in fondo se una moglie fa i capricci bisognerà pure darle una lezione… Ma a contendere ai due la palma di “negazionismo” c’è Trump che sta facendo piazza pulita di tutti i programmi di diversità e inclusione. «Proteggerò le donne americane che loro lo vogliano o meno» dichiarava Trump nel rush finale della campagna elettorale. Altro che patriarcato! Gli ottimisti, gli infatuati del decisionismo trumpiano ma anche un vasto mondo intellettuale e accademico che ha subito il wokismo vedono in questa svolta un ritorno al buonsenso dopo una escalation del politically correct a tratti esasperante. Il tema sono le derive, e non c’è dubbio che non si faranno attendere. Come si concretizzerà la teoria del genere Made in Trump e cosa produrrà il richiamo alle identità distinta e separata di uomini e donne? Da quel abbiamo visto sinora, l’idea trumpiana del “ruolo naturale” delle donne nella società non è esattamente paritetica…

Siamo portati a pensare agli USA, ma anche all’Argentina, come paesi in cui i contrappesi del sistema democratico funzionano (il tentativo trumpiano di forzare il potere presidenziale ci confermerà o meno in questa convinzione). Per questo tendiamo a derubricare tutto come un tentativo machista e misogino di riavvolgere il nastro della storia, una prova di forza destinata al fallimento. Personalmente, non ho questa granitica sicurezza. Perché proprio la recrudescenza di un fenomeno come il femminicidio – una donna uccisa in quanto donna, perché questo significa il termine – sta lì a mostrare una mal sopportazione della libertà ed emancipazione femminile, un tentativo cosciente o meno di rimetterci nell’angolo che ci spetta. Siamo ancora una società imperfetta, in cui i ruoli si stanno ridefinendo, che prova a trovare nuovi equilibri, a togliersi di dosso secoli di una cultura, quella sì, patriarcale. Siamo ancora fragili, condizionabili, ricattabili.

La propaganda di un Milei e di un Trump – al di là degli effetti concreti, e ci saranno – si insinua proprio in queste crepe. Parla alla pancia di chi magari sta provando a metabolizzare il cambiamento e dice loro che non è necessario, che possono tornare indietro, che è stato tutto un grande malinteso. Che se le donne sono poche nelle aziende e ai vertici, fatti loro, nessuna azione positiva, nessuna legge interverrà per rimuovere quella che non è una stortura ma il naturale corso delle cose. Si chiama uguaglianza e meritocrazia: se le donne non ci sono, evidentemente non lo meritano ed è anzi preferibile che tornino a casa a fare figli così risolviamo pure il problema della denatalità.

Sembra un film dell’orrore, una distopia ma troppi segnali ci avvertono che così non è, che magari è il tempo di tornare nelle piazze, che bene stanno facendo in Argentina, come bene hanno fatto negli USA quando si è consumata un’epocale inversione di rotta sull’aborto. Minimizzare per stare dalla parte giusta, quella del vincente, è miope e pericoloso.

I diritti non sono conquiste irreversibili. Ricordiamocelo se e quando sceglieremo di lasciar correre, di aspettare che passi la buriana, di non parlare e agire, di non stare dalla parte giusta, quella dei diritti, della parità, dell’inclusione.

6 commenti su “I DIRITTI NON SONO CONQUISTE IRREVERSIBILI”

  1. Paola Fischetti

    Bellissimo articolo, coglie nel segno la vera matrice del problema: quello culturale.
    Nel mio piccolo, nella scuola dove insegno, data la presenza di una dirigenza femminile e sensibile al tema, mi sforzo di promuovere progetti informativi con relatori qualificati per smuovere la coscienza dei ragazzi, anche quando la famiglia e, in generale, la società, non si dimostrano inclini al problema o addirittura tendono a riaffermare il modello di cultura patriarcale.
    Io confido che le future generazioni possano essere migliori della nostra.

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