Fondazione Marisa Bellisario

DONNE E GIOVANI INSIEME PER CAMBIARE L’ITALIA

di Anna Rita Germani*

L’Italia, oggi, è il paese meno fecondo e più anziano d’Europa. Da tempo si discute del fenomeno dell’inverno demografico e della fuga di cervelli e ormai sembra essere un dato di fatto che, tra qualche decennio, l’Italia si troverà con una società in cui gli over 65 costituiranno circa un terzo del totale della popolazione, in un quadro di continuo calo demografico. Il Rapporto Annuale 2025 dell’ISTAT, da poco pubblicato, evidenzia un preoccupante costante aumento degli espatri tra i giovani laureati: nel 2023, 21 mila italiani tra i 25 e i 34 anni hanno lasciato l’Italia, a fronte di soli 6 mila rientri. In dieci anni il saldo migratorio negativo ha toccato quota 97 mila. Le cause principali sono scarse opportunità lavorative, precarietà e mancato riconoscimento del merito. La dispersione scolastica resta alta, le disuguaglianze educative persistono, e solo il 21,6% degli adulti è laureato. Ma quali saranno le implicazioni economiche di tutto ciò per il nostro futuro?

L’invecchiamento della popolazione è uno dei fenomeni demografici più importanti e dibattuti che quasi tutti i paesi economicamente più sviluppati stanno affrontando. Nell’ultimo rapporto ISTAT “Popolazione e Famiglie”, si legge che, nel 2024 in Italia, il 24,3% della popolazione è composta da persone di età superiore ai 65 anni, e si stima che nel 2050 questa percentuale supererà il 34%, segnando un record storico. Una tendenza che, se non affrontata, metterà seriamente a rischio la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, già sotto pressione. Con l’aumento delle aspettative di vita, l’innalzamento dell’età pensionabile è diventato un tema sempre più centrale, eppure la sua introduzione da sola non basta a risolvere la questione. Le implicazioni sono molteplici, non solo per le pensioni, ma anche per i servizi sanitari, l’occupazione e il benessere delle persone. Il fatto che si viva più a lungo è, di per sé, ovviamente, un aspetto positivo. Tuttavia, se la popolazione attiva (quella che lavora e contribuisce al sistema pensionistico) diminuisce, l’economia subisce una contrazione immediata. Un calo nei tassi di natalità e un aumento della popolazione anziana non fanno che accentuare questo fenomeno, riducendo le prospettive di crescita e aumentando il rischio di disuguaglianze sociali. Finanze pubbliche e welfare non saranno più sostenibili con il calo delle nascite; è un unico problema di fattori interconnessi. Se non vengono adottate politiche mirate per affrontare questi cambiamenti, i tassi di povertà, l’esclusione sociale e la dipendenza degli anziani potrebbero aumentare in maniera preoccupante.

Ma non è solo la demografia a preoccupare. Oggi, l’Italia si trova a fronteggiare una delle più alte percentuali di NEET (not in education, employment, or training) ovvero di giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione; percentuali queste tra le più alte in Europa. Secondo Eurostat, nel 2023, ben il 18,4% dei ragazzi e il 41,5% delle ragazze tra i 18 e i 29 anni sono NEET, con una crescita delle difficoltà economiche e occupazionali che colpisce in particolare le giovani donne. Se a ciò aggiungiamo la disoccupazione giovanile, che nel secondo trimestre del 2024 si aggira intorno al 17,4% per i ragazzi e al 20% per le ragazze, è evidente che il sistema presenta delle criticità da affrontare urgentemente.

Un altro dato preoccupante riguarda l’occupazione femminile: l’Italia detiene il record europeo per la più bassa occupazione femminile, con solo il 57,6% di donne tra i 20 e i 64 anni che lavora, contro una media europea che si attesta al 71%. La situazione si aggrava ulteriormente per le madri, con una donna su cinque che lascia il mercato del lavoro dopo la maternità.

Queste difficoltà sono legate a una serie di fattori strutturali, che vanno dalla precarietà lavorativa all’incertezza economica, passando per le difficoltà nel mercato immobiliare, che influiscono pesantemente sull’autonomia dei giovani e sulle famiglie. È necessaria una riflessione profonda su come sostenere l’occupazione femminile, ribilanciare la divisione del lavoro nelle cure in famiglia, migliorare i servizi per l’infanzia e sostenere le politiche di conciliazione tra lavoro e vita familiare. A ciò si aggiungono le politiche di sostegno alla genitorialità che dovrebbero andare oltre la semplice incentivazione della natalità.

Se questa crisi strutturale non viene affrontata, rischiamo di trovarci in una spirale di spesa pensionistica e sanitaria sempre più insostenibile, mentre le giovani generazioni, costrette a cercare altrove le opportunità che non trovano in patria, continueranno a lasciare l’Italia. Questo fenomeno, noto come brain drain, sta privando il paese delle sue risorse più giovani e promettenti che emigrano alla ricerca di un futuro migliore.

Tuttavia, è ancora possibile invertire la rotta ma il cambiamento dipenderà dalla capacità di mettere al centro le donne, che sono fonte di inesauribili energie e creatività, e i giovani, che sono la parte più dinamica della società. Donne e giovani insieme, quindi, liberi da stereotipi e da vincoli sociali, possono costituire il vero motore del cambiamento e riscrivere il loro ruolo in un’Italia che si rinnova.

*Professoressa Sapienza Università di Roma

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1 commento su “DONNE E GIOVANI INSIEME PER CAMBIARE L’ITALIA”

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