di Laura Luigia Martini*
Le aziende che si occupano di tecnologia profonda, meglio nota come “Deep Tech”, sono organizzazioni, generalmente startup, in grado di creare nuove tecnologie di grande impatto, spesso basate su scoperte scientifiche avanzate derivanti da complessi studi ingegneristici, innovazioni capaci di generare un progresso realmente significativo per l’umanità. Il rilascio di queste tecnologie “di frontiera” richiede quasi sempre lunghi tempi di ricerca e sviluppo, nonché l’impegno di ingenti investimenti di capitale che preceda una commercializzazione di successo.
Trattasi in sostanza di innovazioni di grande valore, per cui i problemi scientifici o ingegneristici sottostanti, risolti dalle società che le hanno create, danno finanche origine ad una preziosa proprietà intellettuale e sono difficili da riprodurre. Infine, a differenza delle tecnologie più diffuse, come le app o le piattaforme software costruite su infrastrutture preesistenti, le Deep Tech affondano le loro radici nell’intelligenza artificiale avanzata, nella fisica, nella biologia, nella chimica, nella scienza dei materiali, nelle tecnologie quantistiche, nelle nuove energie, nella robotica. Perché non si tratta di innovare procedendo per affinamenti incrementali di tecnologie esistenti, ma di ridefinire interi settori industriali e paradigmi sociali.
Tra i principali settori di Deep Tech si annovera come detto l’Intelligenza Artificiale Avanzata, ovvero quei sistemi di AI che non si limitano alle funzionalità di base della tecnologia, come l’automazione o l’analisi dei dati, ma che risolvono problemi complessi e apprendono in autonomia nuove conoscenze, avvicinandosi al modo di ragionare dell’intelligenza umana tramite un linguaggio coerente e realistico. Parlando di AI attingerò molti concetti da un articolo relativamente recente di Namirial Focus, che descrive le più promettenti tendenze Deep Tech secondo Gartner e ci aiuta a capire quali tecnologie impatteranno su quale business.
A cominciare dall’Intelligenza Artificiale Agentica, che si configura come un’evoluzione dell’automazione tradizionale e che, abilitando maggiore agilità operativa, riduzione dei costi e un coinvolgimento dei clienti più efficace, trova la sua naturale applicazione nella logistica e nella supply chain.
Nell’ambito della protezione dati invece, l’avvento delle tecnologie quantistiche obbliga ad un ripensamento delle difese contro attacchi esterni, per cui la crittografia post-quantistica diventerà la chiave di volta della sicurezza informatica soprattutto per banche e istituti finanziari che dovranno dotarsene. Lo stesso dicasi per i robot polifunzionali, in grado di rispondere alle esigenze di maggiore adattabilità dei sistemi produttivi, con significativi risparmi nei costi operativi e un considerevole aumento dell’efficienza nelle linee di assemblaggio. Proseguendo con l’Intelligenza invisibile ambientale, i sensori intelligenti integrati negli oggetti del nostro mondo comunicano fra loro per aumentare visibilità ed efficienza operativa, uno strumento rivoluzionario nel mercato retail, nella sanità, e nella gestione della catena del freddo. Quanto alle piattaforme di governance dell’AI, esse gestiscono l’implementazione etica e trasparente dei sistemi in cui è impiegata, mentre l’AI stessa può essere utilizzata profittevolmente anche contro la disinformazione, tramite una tecnologia progettata per proteggere l’integrità delle informazioni aziendali o la diffusione di contenuti dannosi. In risposta alla sostenibilità, l’AI consente inoltre di elaborare dati a basso consumo energetico, attraverso l’implementazione di algoritmi ottimizzati per ridurre l’impronta di carbonio nelle operazioni IT. Nell’affrontare problemi computazionali complessi è poi tecnologia emergente l’elaborazione ibrida, che combina differenti tecnologie di calcolo, archiviazione e rete, il che apre persino a nuove possibilità per l’integrazione tra corpo umano e sistemi informatici.
Cito, infine, l’elaborazione spaziale che ridefinisce il rapporto uomo-macchina attraverso esperienze immersive che integrano realtà aumentata e virtuale, applicazioni utilizzate nel gaming ma anche nell’e-commerce, e il miglioramento neurologico che permette di potenziare le capacità cognitive umane mediante un’interfaccia diretta con il cervello. Tutto ciò naturalmente fa sorgere spontanee domande in relazione all’etica, all’integrità del pensiero critico e autonomo dell’uomo. E cosa ne è poi della privacy dei dati? Domande che non hanno ancora una compiuta risposta, ma che dobbiamo sempre avere bene in mente.
Proseguendo nella descrizione delle altre forme di Deep Tech, mi riferirò a diversi passaggi di un articolo di Network360 che bene le commenta. Tra le tante va citato senza dubbio il calcolo quantistico, tecnologia rivoluzionaria che sfrutta i principi della meccanica quantistica per eseguire operazioni computazionali con una velocità notevolmente più elevata dei calcolatori tradizionali. Pur non essendo questa la sede per approfondire i concetti ad esso correlati, vale la pena sottolineare che le relative applicazioni inducono rilevanti ricadute sul business, rivoluzionando il modo di fare crittografia, ottimizzando problemi complessi in ambito logistico e finanziario, implementando simulazioni molecolari di fondamentale importanza nella ricerca farmaceutica e nella scoperta di nuovi materiali. Ma le Deep Tech rappresentano anche la leva di innovazione di un prodotto o di un processo che può rivelarsi fondamentale per la transizione digitale ed ecologica. Nel settore manifatturiero in particolare, l’introduzione di materiali avanzati permette di realizzare componenti più leggeri, più resistenti ed efficienti per l’edilizia, l’aerospazio e l’automotive. Ugualmente importanti sono i materiali compositi che, come le leghe metalliche avanzate, migliorano resistenza e leggerezza, i nanomateriali utilizzati in elettronica, medicina e rivestimenti speciali, i metamateriali per l’ottica e le telecomunicazioni, i materiali sostenibili per ridurre l’impatto ambientale e così via. Allo stesso modo la robotica, con i suoi sistemi complessi, l’automazione, l’intelligenza artificiale integrata e la possibilità di interagire con il mondo fisico, rientra perfettamente nella categoria delle Deep Tech. Si pensi soltanto ai robot chirurgici e al loro rivoluzionario ruolo negli interventi minimamente invasivi e di precisione, o ai robot industriali utilizzati nell’assemblaggio, nella saldatura e nella movimentazione dei materiali nelle fabbriche. E Deep Tech vuol dire anche salute, perché è proprio nel campo della biologia sintetica e delle terapie geniche che si possono creare cure per ciò che oggi non può essere curato: nulla di più importante per l’umanità. Per quanto attiene al settore alimentare vanno ricordati i sensori avanzati, le biotecnologie, i droni per facilitare e aumentare la produttività agricola con un occhio vigile alla sostenibilità. E infine Deep Tech è anche sinonimo di energie rinnovabili, dall’energia solare a quella eolica, idroelettrica, geotermica, fino alle biomasse e all’energia marina. Nell’ambito della transizione verso fonti di energia pulita è bene menzionare anche l’idrogeno verde e le tecnologie per la cattura e lo stoccaggio del carbonio a contrasto del cambiamento climatico, nonché gli studi per l’industrializzazione dell’energia da fusione nucleare. Del resto, tutto il comparto del nuovo nucleare rientra negli studi Deep Tech poiché ha dato origine a diverse nuove tecnologie sia in ambito di fissione che di fusione, dagli SMR, ai reattori che si servono di monitoraggio predittivo e di automazione dei processi fino ai tokamak e ai superconduttori avanzati.
Ma perché investire in queste start-up?
Data l’importanza delle deep tech nella vita quotidiana, il rischio associato alla loro diffusione è eminentemente tecnico, mentre minimo risulta essere quello di mercato.
Le aziende o gli investitori che vogliono differenziare il loro portafoglio impegnando parte dei propri capitali in queste tecnologie di frontiera possono acquisire un vantaggio competitivo duraturo, non solo per via dei prezzi più bassi rispetto alla media di mercato, ma anche per i prodotti innovativi e più performanti. E allo stesso modo un grosso vantaggio generano le tecnologie profonde nelle questioni di impatto sociale riflesse negli SDGs (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite.
Si tratta chiaramente di investitori che devono poter fare a meno di tali capitali per un tempo sufficientemente lungo (i cosiddetti “patient capital”), dato che il ciclo di sviluppo dei progetti richiede anni prima di diventare commercialmente redditizio. Ma ciò che realizzeranno poi è un valore economico, sociale e tecnologico su vasta scala, poiché è indubbio che queste tecnologie saranno alla base della creazione di nuove industrie ad alto valore aggiunto e costituiranno altresì il fondamento della competitività futura dei Paesi e delle imprese.
Ecco, dunque, il perché del “nuovo mondo” citato nel titolo: la rivoluzione delle tecnologie profonde è destinata a stravolgere il concetto stesso di progresso, creando opportunità straordinarie per le imprese, cambiando l’ecosistema dell’innovazione per come lo conosciamo e migliorando la realtà del modo di vivere di tutti gli esseri umani.
*Nuclear Engineer, SDA Bocconi Senior Executive Fellow
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