di Paola Tommasi*
Tutti pazzi per Ron De Santis governatore della Florida, sembra essere questa la sintesi delle elezioni dell’8 novembre scorso negli USA. Date le aspettative che si erano create di una “slavina” di voti per i repubblicani e una sonora sconfitta per i democratici, si è parlato di flop dei primi e grande capacità di riemergere dagli inferi dei secondi. Questo perché i repubblicani hanno vinto alla Camera dei Rappresentanti ma non con il grande distacco previsto dai sondaggi. Viene quindi presentato come una sconfitta un risultato che in realtà misero non è. Se mai, al di sotto delle attese, che però erano altissime. Proprio in questo contesto spicca De Santis, lui sì che ha avuto un vantaggio gigante rispetto al suo avversario: venti punti percentuali. E in tanti, in tutto il mondo, già lo vedono alla Casa Bianca fra due anni. L’America che si dichiara super progressista ne esalta la famiglia: tradizionale, bella moglie e tre figli. “La famiglia del Mulino Bianco” diremmo in Italia. Eppure è strano sentirlo dire dai democratici americani, che contemporaneamente attaccano De Santis sulle sue posizioni da iperconservatore, per esempio sull’aborto o sulle coppie omosessuali. Ma è facile intuire perché anche la sinistra si sia politicamente innamorata di Ron De Santis: lo usano in chiave anti Trump. E magari, se il candidato sarà lui, piuttosto che l’ex Presidente, nel 2024 potranno rivincere. Inoltre, se il partito repubblicano candida De Santis, i democratici potranno mettere più facilmente Joe Biden fuori dai giochi. In tanti vorrebbero che l’attuale inquilino della Casa Bianca si facesse da parte alla fine del suo mandato ma nessuno ha il coraggio di affrontare l’argomento a volto scoperto. Un candidato giovane e nuovo sul fronte opposto spianerebbe loro la strada senza inimicarsi troppo Biden.
Ma c’è un altro dato che spicca nell’analisi del voto, ed è quello geografico. Le vittorie repubblicane più eclatanti sono avvenute in Stati una volta considerati territorio democratico o, se non altro, contendibile. Invece il voto di metà mandato ha dimostrato che sono diventati Stati roccaforti dei repubblicani. Si tratta in particolare di Florida e Texas. Quanto al primo, collegio elettorale sia di Ron De Santis sia di Donald Trump, ma anche del senatore Marco Rubio che è stato rieletto per la terza volta, il vero dato da comprendere è da chi dei tre sia dipesa la pioggia di consensi. Tutti ovviamente se ne attribuiscono il merito. E poi c’è il tema degli estremismi. Joe Biden ha impostato la sua campagna elettorale sui rischi che la democrazia americana correrebbe con i repubblicani al potere. Ma ci sono ali estreme anche a sinistra. Tutto quel gruppo di parlamentari, a partire da Alexandria Ocasio-Cortez, che orgogliosamente si dichiarano appartenenti alla sinistra radicale. Sono i sostenitori, per esempio, della riduzione dei fondi alla polizia, circostanza che molti americani ritengono abbia aumentato il tasso di criminalità negli USA e reso le città meno sicure. Prima ancora di diventare “anatra zoppa” con le elezioni di metà mandato, Joe Biden ha dovuto per due anni faticosamente trattare con la sinistra estrema all’interno del suo partito, senza l’appoggio della quale non sarebbe mai diventato Presidente né avrà chances di essere rieletto nel 2024. Forse sotto scacco, più che Donald Trump, è proprio Biden.
*Giornalista
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