Fondazione Marisa Bellisario

IMPRENDITORIA FEMMINILE: CRESCITA, LEGAMI, SOSTENIBILITÀ

di Gian Paolo Manzella*

“Potenziale inespresso” è il concetto che più ritorna nei numerosi documenti e rapporti dedicati negli ultimi anni all’imprenditoria femminile. Un’espressione che nasconde una precisa valutazione. Il mancato contributo delle donne alla crescita dell’economia è una perdita molto significativa: che non possiamo più permetterci.

C’è, qui, un evidente cambio di passo: se il tema dell’imprenditoria femminile per anni era una ‘questione sociale’, oggi diviene ‘questione economica’.

Ed è un passaggio importante per anticipare il destino che avrà nell’agenda politica. Tanto più quando i dati dicono che alla presenza femminile nell’impresa sono associati maggiore attenzione a profili di welfare, migliori rapporti con gli stakeholders, più rispetto dell’ambiente: aspetti che riportano al concetto di “legame” e, se ci si pensa, al cuore stesso della parola “sostenibilità”. Da qui il nesso molto stretto con gli indirizzi in discussione nella definizione del NextGenerationEU e con il ruolo che le donne avranno al suo interno.

Tutti elementi che spiegano la scelta in Legge di Bilancio di riprendere la legislazione a sostegno dell’imprenditoria femminile – la n. 215 del 1992 – e adeguarla a questi tempi nuovi.

E così il “Fondo Impresa Femminile” che si sta definendo nel confronto con le associazioni di categoria farà più cose. Prima di tutto aiuterà con contributi e finanziamenti nuove imprese a guida femminile a nascere e imprese esistenti a crescere. In tempi di She-cession, quando dati come quelli sull’occupazione pubblicati ieri dall’Istat dicono che le conseguenze della pandemia sono molto più gravi per le donne, sono risorse cruciali per superare difficoltà nell’accesso al credito che colpiscono le imprese femminili più di quelle maschili.

Ma questa legge non sarà solo uno strumento di finanziamento. Servirà anche ad affrontare i nodi ‘culturali’ che sono dietro al fatto che solo il 22% delle imprese italiane è rosa. In collaborazione con associazioni e istituzioni territoriali, si darà assistenza tecnica e formazione alle imprenditrici. E si realizzeranno iniziative per far veicolare le possibilità e l’importanza di ‘fare impresa’ per le donne: perché non avere anche in Italia una “Giornata dell’imprenditoria femminile” come in Irlanda? Perché non portare le imprenditrici nelle scuole, come avviene in Germania e Svezia, per insegnare e raccontare la loro esperienza?

Solo qualche esempio di cosa potrà farsi con questo Fondo che, se oggi ha una dotazione finanziaria limitata, è pensato con l’ambizione di farne un elemento centrale del NextGenerationEU. E con la consapevolezza di essere di fronte a una sorta di sliding doors in cui dobbiamo scegliere cosa fare.

Perché in un’economia in cui la crescita è sempre più nei settori tecnologicamente avanzati, se non affrontiamo il ritardo nel rapporto tra donne e impresa, se non aumentiamo la partecipazione femminile al mondo digitale, rischiamo di aumentare ulteriormente il gap tra uomini e donne.

D’altra parte, anche tralasciando i dati di crescita quantitativa e concentrandoci solo su quelli di natura qualitativa, una società del domani più sostenibile è proprio una società che necessariamente dovrà dare più attenzione ai “legami”: anche nel ‘fare impresa’.

O di qua o di là, insomma.

 

*Sottosegretario allo Sviluppo Economico

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