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FRANCIA: PROGETTO DI LEGGE SULL’UGUAGLIANZA UOMO-DONNA VICINO AL TRAGUARDO FINALE

L’Assemblea Nazionale francese ha approvato, con 359 voti a favore, 24 contrari e 174 astenuti, il progetto di legge sull’eguaglianza uomo-donna, che era stato adottato in Senato lo scorso settembre, e che entro la prossima primavera sarà riesaminato in seconda lettura dal Senato, ultimo passaggio prima dell’entrata in vigore.
«Vogliamo mettere il nostro Paese su un cammino senza ritorno, quello dell’uguaglianza tra uomini e donne, senza la quale non è possibile una vera libertà», ha dichiarato dopo il voto Najat Vallaud-Belkace, la ministra dei Diritti delle donne che ha presentato e sostenuto un testo che ha suscitato non poche polemiche. Su tutte, le misure maggiormente controverse riguardano l’interruzione volontaria di gravidanza. In base alla legge sulla parità uomo-donna appena approvata, infatti, viene abolita la condizione di «detresse» (sconforto, grave difficoltà) perché la donna possa fare ricorso all’aborto, ed è stato respinto l’emendamento proposto da alcuni deputati dell’opposizione che mirava a sopprimere il rimborso da parte del servizio sanitario pubblico.
In realtà, al di là di questa disposizione che è stata al centro del dibattito, la nuova legge riunisce e presenta in modo organico una serie di disposizioni già presenti nella legislazione francese e contiene anche novità rilevanti e interessanti.
A partire dalle quote di genere. Se finora – e come accade in Italia grazie alla legge Golfo – solo le società quotate in Borsa e le imprese pubbliche erano tenute ad avere il 40% (da noi il 30%) di donne nei Consigli di Amministrazione entro il 2017 (in Italia già dall’agosto 2012 ma solo per tre mandati), adesso quell’obiettivo è imposto anche a tutte le aziende con più di 250 dipendenti e che hanno una cifra d’affari superiore a 50 milioni di euro.
Il nuovo testo, inoltre, prevede anche misure per incoraggiare la parità reale nella vita professionale. Le aziende che non rispettano l’uguaglianza tra uomo e donna – per esempio in ambito retributivo – non potranno partecipare alle gare per gli appalti pubblici. Quanto al congedo parentale, mentre finora la madre o il padre avevano diritto a sei mesi di congedo alla nascita del primo figlio, da ora sarà possibile prolungare il congedo di altri sei mesi, a condizione che a beneficiarne sia l’altro genitore.
Il testo prevede inoltre l’introduzione della parità’ di genere in politica, rendendo più’ severe le pene finanziarie per i partiti che non avranno liste paritarie alle elezioni legislative. Le sanzioni comportano una diminuzione della prima parte di contributi pubblici, attribuiti in base ai risultati legislativi, per i partiti politici che avranno uno scarto maggiore del 2% tra il numero dei candidati di ogni sesso. Cosi’, se un partito propone il 10% in più’ di uomini rispetto alle donne alle legislative, la prima parte dei contributi verrà’ diminuita del 20% contro l’attuale 7,5%, mentre la seconda parte del finanziamento, data in funzione del numero dei parlamentari, non verrà’ toccata. Viene altresi’ proposto l’incentivo dell’uguaglianza in campo professionale, dal momento che in Francia le donne continuano a guadagnare il 25% in meno rispetto ai loro colleghi uomini, sono solo il 23% nel consiglio d’amministrazione del Cac 40, e sono donne soltanto un sindaco su sette, come riportato dal quotidiano Liberation.
Altra novità – che però sarà testata per 18 mesi in 14 dipartimenti (equivalenti alle nostre province) prima di essere estesa al resto del Paese – è una garanzia pubblica sugli alimenti che spettano al genitore separato: se chi deve pagare non lo fa, sarà lo Stato a farlo rivalendosi in un secondo tempo.
Sul fronte delle violenze coniugali, il giudice potrà espellere il coniuge violento dal domicilio comune con un provvedimento d’urgenza immediato, senza attendere la condanna penale, per una durata massima di sei mesi. Viene poi istituzionalizzato il numero unico 3919 per rispondere alle chiamate che denunciano violenze coniugali o sessuali. Infine, la lotta alla «sessualizzazione precoce» dei bambini: i concorsi di bellezza per «mini-miss» sono proibiti alle minori di 13 anni. Infine, l’amministrazione pubblica invierà le sue comunicazioni alle donne usando il loro cognome alla nascita e non quello da sposate, salvo indicazione contraria.

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